Viviamo un tempo di profondi cambiamenti, una crisi delle forme di capitalismo tradizionale che ci ha mostrato i limiti di un modello di sviluppo poco inclusivo, fondato su logiche di breve periodo che hanno accentuato distanze economiche e sociali. Analizzare costruttivamente queste questioni non significa solo agire per un nuovo futuro, ma operare per costruirlo bene, nell’interesse delle future generazioni e affrontare il tema del welfare diventa così un dovere economico, sociale e politico da proporre in un’ottica nuova, all’altezza delle trasformazioni che stiamo vivendo.

Tecnologia, demografia e globalizzazione da decenni stanno cambiando la nostra società e incidono profondamente sulla sostenibilità del welfare state al quale eravamo abituati. I sistemi tradizionali già oggi in molti paesi registrano gap miliardari tra la domanda di servizi pubblici e la capacità di far fronte a tale domanda.
In Italia entro il 2025 questo gap è stimato in 70 miliardi. Affrontiamo sfide inedite. La scarsa crescita demografica, il progressivo invecchiamento della popolazione, l’emergere di nuovi rischi e bisogni sociali causati dagli effetti della crisi economico-finanziaria da un lato determinano un aumento della domanda di servizi di welfare sempre più complessi, dall’altro hanno alterato il rapporto tra la popolazione attiva e chi percepisce un reddito da pensione, rendendo difficile mantenere il sistema di welfare così come era stato inizialmente pensato. Il paradigma pubblico del welfare si sta rovesciando a favore di un emergente sistema privato realizzato perlopiù dalle imprese attraverso le varie forme di sostegno aziendale, territoriale e di comunità. Il welfare aziendale può rappresentare la pietra angolare di un nuovo contesto, che superi le logiche del sistema pubblico, ma anche della filantropia del Novecento industriale e della imprenditoria illuminata dell’Ottocento, cercando di dare risposta a queste nuove sfide. Si tratta di uno strumento di accompagnamento dell’impresa che cambia ed una leva di sviluppo: con il welfare aziendale cresce il benessere di lavoratori e territori e si salda sempre di più il legame tra l’impresa e la sua comunità.
In questo quadro, è quindi lecito domandarsi quale rapporto debba determinarsi tra produttività delle aziende e welfare. Personalmente ritengo che la risposta risieda nell’intersezione tra la disponibilità delle imprese a coltivare questa nuova idea sociale e la capacità dei dipendenti di recepire il cambiamento e farne parte. Facendo leva sullo sviluppo del capitale umano, sul miglioramento del clima organizzativo e del benessere dei dipendenti, le politiche di welfare aziendale incidono positivamente sul vantaggio competitivo delle aziende, ma anche sulla soddisfazione dei dipendenti. Queste iniziative rispondono infatti ai nuovi bisogni sociali in materia di assistenza sanitaria, previdenza, istruzione, formazione e work-life balance.
Esiste pertanto un nesso positivo che lega concretamente lo sviluppo economico al nuovo welfare. Per stimolare questo paradigma, in qualche modo già in atto, occorre certamente investire in specializzazione, formazione, innovazione, ricerca e sviluppo ma anche in nuovi modelli organizzativi flessibili e allo stesso tempo giusti.
Un nuovo modo di fare impresa, che riconosca l’importanza strategica delle risorse umane e faccia del welfare una vera e propria leva di sviluppo aziendale è possibile. Produttività e welfare aziendale, equilibrio tra vita lavorativa e privata, innovazione e competitività non sono più elementi scollegati, ma concetti strettamente connessi e interdipendenti. È indubbio che sui temi della sostenibilità e del welfare si giocherà gran parte del futuro del nostro paese, ma anche dell’Europa, l’area del mondo che se da un lato può vantare il miglior sistema di protezione sociale al mondo, dall’altro si trova ad affrontare disparità sociali al suo interno che persistono nonostante alcuni segnali di ripresa. Evidente è quindi la necessità di ricercare nuovi modelli e tipologie di intervento che affianchino o sostituiscano i sistemi tradizionali. Il welfare aziendale è una prima, importante, risposta che andrebbe supportata anche sul piano istituzionale.
Quello della ricerca di una nuova sostenibilità sociale è infatti un obiettivo che coinvolge tutti, imprese, cittadini e istituzioni. Dobbiamo concorrere tutti a realizzare un modello più solido, anche in una logica di superamento di categorie un tempo contrapposte e oggi non più attuali come ad esempio profit e non profit oppure pubblico e privato.
Le sfide che abbiamo di fronte sono troppo importanti per pensare che il cambiamento necessario sia qualcosa di estraneo alla quotidianità di ognuno di noi perché coinvolgerà tutti e determinerà nuovi modelli di condivisione comunitaria.
Siamo e saremo tutti chiamati a fare la nostra parte, ma il tempo di agire è già quello che stiamo vivendo.

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