Secondo una recente ricerca fatta da Start-Up Europe, il mondo delle start up sta crescendo in tutta Europa a ritmi sostenuti. Le città più innovative? Berlino, Londra, Parigi e Stoccolma.  

A parte le eccezioni che riescono a penetrare nel mercato mondiale, la situazione delle start up standard – per così dire – è molto diversa. Viking Italia ha analizzato la situazione italiana quanto a diffusione di start up (qui il report integrale). Grazie a un database preso dal Registro delle Imprese ha mappato la situazione del bel paese ed analizzare gli indicatori principali di ben 10.164 start up registrate.   

LOMBARDIA E LAZIO LE REGIONI PIÙ INNOVATIVE  

Chiunque conosca un minimo l’Italia è a conoscenza della grande differenza culturale che si trova tra Nord e Sud. Alcune regioni sono più focalizzate sul business e sull’industria mentre altre puntano più sul turismo e la produzione di beni primari. E le start up? Pare che la Lombardia sia la regione più innovativa d’Italia. Si posiziona infatti al primissimo posto con ben 2.547 start up, ovvero 2,6 start up ogni 100.000 persone. Al secondo e terzo posto? Lazio e Emilia-Romagna, rispettivamente con 1.142 e 902. Insomma, i capoluoghi Milano Roma e Bologna sembrano essere città bene aperte all’innovazione e alle idee rivoluzionarie.  

IT E SOFTWARE IL SETTORE CON PIÙ START-UPS 

Abbiamo già visto quanto i nuovi lavori puntino al mondo digital e, come nel resto del mondo, anche l’Italia punta maggiormente all’innovazione nel settore dell’IT e software con 4.324 start up. Al secondo posto con 1.355 start up in Italia arriva il settore della ricerca e dello sviluppo, mentre la medaglia di bronzo se la aggiudicano i servizi di informazione. Tuttavia, ci sono settori meno considerati dai nostri start-uppers e in cui si tenta a puntare di meno. Si contano solo 23 start up incentrate sull’arte e l’intrattenimento, seguite dal settore degli alloggi, che ne vede soltanto 15.  

QUALE È IL CAPITALE DELLE START UP? 

Le start up in Italia non sono particolarmente redditizie e certo non si può parlare di unicorni. 4.228 su un totale di 10.164 si aggirano su un capitale annuo dichiarato dai 5.000 ai 10.000 Euro, mentre al secondo posto vediamo 2.179 start up che guadagnano dai 10.000 ai 50.000. Solo una è dichiarata a più di 5 milioni di euro. Non dobbiamo dimenticare però che una start up è per natura “scalabile”, il che significa che può crescere ed espandersi liberamente, fino, si spera, a diventare un unicorno. Pertanto, teniamo le dita incrociate per i nostri connazionali.  

CHI SONO I FONDATORI DELLE START UP? 

Interessantissimi dati sul genere, età, provenienza e titolo di studio sono venuti fuori durante la nostra ricerca. C’è sicuramente spazio per migliorare.  

CEO uomo o donna?  

Tra tutte le 10.164 start up presenti in Italia, solo 453 sono capitanate da solo donne. Questo è un preoccupante 4.4%. Meglio la situazione se si guarda a una board di fondatori mista tra donne e uomini, con 880 start up. Tuttavia, la stragrande maggioranza – 8275 – ha un fondatore uomo. Per quanto riguarda le regioni più all’avanguardia vediamo in testa la Lombardia con 264 start up che hanno almeno una donna tra i capi, seguita a ruota da Lazio con 163 start up e veneto con 131. E invece il settore con la maggiore quota rosa? L’artigianato, con 224 donne tra i capi d’azienda. Nonostante alcune regioni e settori si dimostrino più progressisti di altre, certo c’è molto lavoro ancora da fare per arrivare all’eguaglianza dei sessi, almeno per le start up.  

CEO giovane, straniero o pluri-laureato?  

Tre altri criteri sono stati stabiliti sull’età dei capi, la provenienza e il titolo di studio.  

Per quanto riguarda l’età, 811 sono le start up completamente formate da capi giovani e 1.046 da capi di età miste, tra cui però obbligatoriamente anche un giovane. Le regioni più giovanili? Le avete indovinate, Lombardia, Lazio e Veneto con rispettivamente 485, 193 e 180 start up con almeno un giovane a capo.  

Per quanto riguarda la presenza di stranieri, l’Italia ha principalmente italiani a capo delle start ups. Solo 125 start up capitaneggiate da stranieri come CEO e 97 con un mix di italiani e stranieri. La regione più accogliente pare essere la Lombardia, ormai in testa su tutte le categorie, con 101 CEO stranieri.  

Infine, uno dei dati più interessanti riportati è la presenza di una board di fondatori pluri-laureati. Non vengono prese in considerazione lauree triennali per qualificarsi come pluri-laureato, ma soltanto magistrali o dottorati. Uno dei criteri applicati dal registro delle imprese è stato valutare quante start up avessero una board composta da almeno 2/3 di laureati alla magistrale oppure 1/3 di dottorandi. Il risultato? 2.623 start up, ovvero il 25%. Ciò significa che la grande maggioranza di start up in Italia è composta da capi che hanno studiato al massimo 3 anni all’università – raggiungendo quindi una laurea triennale – o che all’università non ci sono proprio andati. Da una parte è rassicurante pensare che l’acume imprenditoriale non sia soltanto riservato ai più studiosi, anzi.  

In conclusione, quello delle start up è un settore quasi interamente riservato agli uomini italiani, vista la scarsa presenza di donne e stranieri. E la laurea? Non necessaria. Ma guardiamo il lato positivo, chiunque con una grande idea può provarci e chissà, magari ben presto qualche unicorno verrà avvistato anche nel bel paese.