L’intelligenza artificiale è sempre più chiamata a gestire aspetti importanti della vita dell’impresa. In alcuni casi, addirittura, algoritmi e robot vengono investiti della responsabilità di decisioni rilevanti per la vita dell’azienda e dei suoi lavoratori. «Ma chi risponde quando la macchina sbaglia e produce danni ingiusti? — si chiede Stefano Trifirò dello Studio Trifirò Partners —. Di recente si è molto parlato di algoritmi chiamati a decidere in autonomia le sorti degli investimenti, delle linee di prodotto e del personale di importanti aziende, che si sono poi però sbagliati cagionando ingenti danni a quest’ultime».

Il software di Amazon, ad esempio, che tracciava e raccoglieva dati circa la produttività dei dipendenti — come riportato dai mass media ha deciso di licenziare 300 dipendenti, in uno stabilimento di Baltimora, che erano sotto gli standard minimi impostati nel computer. In sostanza «l’algoritmo ha agito come direttore del personale ed ha licenziato i dipendenti meno performanti in termini di produttività — continua Trifirò —. Ma anche gli algoritmi possono sbagliare non con meno frequenza degli uomini. Infatti, non bisogna dimenticare che le intelligenze artificiali vengono create e programmate da uomini utilizzando criteri umani. Ne è dimostrazione il fatto che il licenziamento artificiale è suscettibile di impugnazione non meno di quello umano. L’algoritmo nel misurare la produttività del lavoratore potrebbe non aver preso in considerazione alcuni dati che invece fanno parte della vita come ad esempio gli infortuni, le pause di lavoro, gli errori scusabili, richieste di chiarimenti sullo svolgimento del lavoro, permessi, e così via», prosegue l’avvocato giuslavorista. Quindi, se dopo il licenziamento si accerta che il software ha sbagliato la misurazione, chi è che risponde per la decisione presa automaticamente dal computer, tenendo conto che magari quest’ultimo non è neanche di proprietà dell’azienda?
«Nel diritto del lavoro, le soluzioni adottate non sono del tutto esaustive. Attualmente, infatti, i software vengono parificati a un qualsiasi altro bene, con evidenti ricadute sul piano degli illeciti civili.Qualora, dunque, un software venga venduto e cagioni dei danni a causa di un suo difetto di fabbricazione sarà responsabile sia il produttore per il danno da prodotto difettoso che il venditore», conclude Trifirò. Nel frattempo, però, i robot continuano a licenziare.
Barbara Millucci

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