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La pensione segue l’interruzione del rapporto lavorativo. Infatti, per poter ricevere l’assegno pensionistico è assolutamente necessario cessare l’attività lavorativa, che rappresenta il requisito necessario e indefettibile per il perfezionamento del diritto al trattamento previdenziale, anche se la pensione è cumulabile con altri redditi da lavoro. Condizione, questa, che risulta assente allorquando un dipendente dimessosi venga, successivamente, riassunto dallo stesso datore alle medesime condizioni e mansioni. In questo caso, non è possibile continuare a lavorare alle dipendenze dello stesso datore di lavoro senza soluzione di continuità tra la formale cessazione e la successiva riassunzione, poiché si configurerebbe una presunzione di simulazione dell’effettiva risoluzione del rapporto di lavoro al momento del pensionamento. A stabilirlo è la Corte di cassazione con la sentenza n. 14417 del 27 maggio 2019.


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Ci sono tecnologie digitali che promettono di cambiare profondamente il panorama Ict nelle imprese italiane, innovando o trasformando i processi e i modelli di business. Tra queste tecnologie spiccano i sistemi, le soluzioni e i servizi per l’Internet of Things (loT), ovvero per costruire reti di oggetti o «cose» che si connettono autonomamente in modo bidirezionale utilizzando la connettività IP. La spesa IoT delle aziende italiane a fine 2018 supera il valore di 16 miliardi di euro ed entro i12019 crescerà con un incremento medio annuo superiore al 18%. È uno dei passaggi più significativi dell’ultimo rapporto dedicato al mercato lei e digitale in Italia, realizzato dall’Assintel, l’associazione nazionale delle imprese tecnologiche e digitali, con Cfmt, il Centro di formazione management del terziario, e la società di ricerca Idc Italia.

 


 

L’intelligenza artificiale è sempre più chiamata a gestire aspetti importanti della vita dell’impresa. In alcuni casi, addirittura, algoritmi e robot vengono investiti della responsabilità di decisioni rilevanti per la vita dell’azienda e dei suoi lavoratori. «Ma chi risponde quando la macchina sbaglia e produce danni ingiusti? — si chiede Stefano Trifirò dello Studio Trifirò Partners —. Di recente si è molto parlato di algoritmi chiamati a decidere in autonomia le sorti degli investimenti, delle linee di prodotto e del personale di importanti aziende, che si sono poi però sbagliati cagionando ingenti danni a quest’ultime».


  • I furbetti delle targhe estere tornano con leasing e noleggi
La posta dell’incasso delle multe stradali che coinvolgono stranieri è destinata ad aumentare rispetto ai 267 milioni di euro stimati attualmente. Non solo perché prima o poi anche i corpi di polizia statale dovranno organizzarsi, ma anche perché in futuro nel conto degli interessati alle procedure internazionali di notifica e riscossione potrebbero entrare molti italiani. Sono i “furbetti della targa estera”: decimati lo scorso dicembre dal decreto sicurezza, potrebbero tornare a essere tanti sfruttando le pieghe di questa stessa norma. Un paradosso, per una misura che aveva lo scopo di togliere dalle strade italiane i veicoli con targa estera, soprattutto dell’Europa dell’Est, utilizzati ogni giorno da persone di ogni nazionalità (anche italiana). La targa estera dà innegabili vantaggi a chiunque abiti in Italia. Prima di tutto perché consente di sottrarsi di fatto alle multe: come si vede nell’articolo sopra, spesso non vengono notificate all’estero e la possibilità di essere fermati al momento dell’infrazione – e quindi costretti a pagare subito – è molto remota. Poi porta con sé una polizza assicurativa e un bollo auto alle tariffe dell’Est, mentre l’Italia ha le polizze Rc auto più care d’Europa e tasse su possesso e passaggi di proprietà dei veicoli spesso molto alte (oltre al superbollo per le auto potenti, molte delle quali da marzo sono gravate anche dall’ecotassa). Infine, ci si rende invisibili al fisco italiano, per cui si sfugge ai fermi amministrativi e alle presunzioni di reddito che scattano se il debitore ha veicoli immatricolati in Italia
  • Il tipo di contributo decide la detrazione dei rimborsi sanitari

Nella compilazione del modello Redditi o del 730 occorre fare attenzione alle spese sanitarie, in particolare nella dichiarazione precompilata. Dove spesso tali spese sono inserite al netto dei rimborsi ricevuti da enti o casse aventi fine assistenziale, e vanno perciò ricalcolate. Gli aspetti da considerare sono molti: l’importo dei contributi versati dal datore di lavoro, dal lavoratore o dal pensionato, i contributi fruiti in sostituzione del premio di risultato (welfare aziendale), la quota di contributi riferita ai familiari anche non fiscalmente a carico nonché gli importi comunicati da enti e casse al Fisco. La prima ipotesi è quella in cui alcune spese sanitarie siano state rimborsate a fronte di contributi per assistenza sanitaria, versati dal datore di lavoro – o dal contribuente stesso – a enti o casse con fine esclusivamente assistenziale sulla base di contratti, accordi o regolamenti aziendali. Se tali contributi hanno concorso a formare il reddito imponibile, le spese – anche se rimborsate – sono detraibili. Così, si considerano rimaste a carico del contribuente, tra l’altro, le spese rimborsate per effetto di contributi o premi di assicurazione da lui versati e per i quali non spetta la detrazione d’imposta o deduzioni. Allo stesso modo, la presenza di contributi non deducibili (ad esempio, pensionato Fasi) consente la detrazione delle spese sanitarie rimborsate.

  • Danni da ecoreati, le prove non esigono indagini tecniche

Sono passati quattro anni dall’entrata in vigore degli “ecoreati”, introdotti nel Codice penale dalla legge 68/2015. La Cassazione, in questo periodo, ne ha specificato alcuni punti essenziali, la cui conoscenza è di aiuto per gli operatori del settore. Il primo è la nozione di “ambiente”: era uno snodo interpretativo indispensabile, perché la legge non aveva previsto una definizione. La Corte ha attribuito all’ambiente un rango primario – qualificandolo come «un bene della vita» – e una dimensione anche culturale: beneficiano perciò del presidio penale sia i beni naturali in senso stretto (acqua, aria, suolo e sottosuolo), sia quelli che, grazie all’intervento dell’uomo, hanno acquisito valore sotto il profilo paesaggistico, storico, artistico, architettonico o archeologico. Ciò significa, ad esempio, che anche l’abusivismo edilizio può ferire l’ambiente, se determina una radicale trasformazione dell’originario assetto del territorio e provoca rischi per l’incolumità a causa della sottovalutazione del pericolo di crollo derivante dal rischio idrogeologico presente sull’area.