PREVIDENZA

Autore: Silvin Pashaj e Maria Elisa Scipioni
ASSINEWS 309 – giugno 2019

 

Il falso mito che la pensione pubblica sarà in grado di coprire l’80% dell’ultima retribuzione, che ha contraddistinto fino a poco tempo fa le pensioni degli italiani come le più ricche della comunità europea, è ormai più che sfatato.
Il sistema di calcolo contributivo, introdotto gradualmente in Italia con la riforma Dini, poi in seguito pienamente con la Fornero (senza dimenticare gli interventi, più o meno incisivi, svoltisi nel mezzo), fortemente collegato all’effettiva speranza di vita, è il sistema più evoluto nel quadro internazionale, mostrando però impatti di ridimensionamento della tutela decisamente importanti.

Dai dati ufficiali della Ragioneria Generale dello Stato (Rap­porto n.19 – Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario, anno 2018) un lavoratore di­pendente del settore privato che nel 2010 avrebbe ottenuto una pensione pari al 73,7% dell’ultima retribuzione, nel 2060 vedrà ridotta tale percentuale al 60,8%, a parità di requisiti contributivi.
Nel caso di lavoratore autonomo, la riduzione risulta essere ancora più consistente, passando dal 72,2% del 2010 al 49,1% nel 2060 (-23,1), a causa della più bassa aliquota di computo prevista nel sistema contributivo.

Ricordiamo che il tasso di sosti­tuzione è dato dal rapporto tra la prima rata di pensione e il red­dito ante pensione.
È chiaro che molto dipende dalla storia con­tributiva di ciascun lavoratore, ma i dati confermano nel lungo periodo una riduzione dei tassi di sostituzione per ogni categoria professionale.

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