L’accelerated bookbuilding, con il quale a metà maggio Unicredit aveva venduto il 17% di Fineco, trasformando di fatto la banca diretta multicanale in una public company, non modifica il modo con il quale i vertici dell’istituto continueranno a gestirla in futuro. «Non c’è alcuna differenza sostanziale rispetto a prima, anche perché, di fatto, abbiamo sempre operato con quel tipo di spirito», ha assicurato l’a.d. Alessandro Foti.

«Lo spirito di una public company deve sempre essere quello di operare con l’obiettivo di aumentare i profitti in maniera sostenibile, trasparente e robusta nel tempo, perché è questo che vuole il mercato. Questo ha sempre rappresentato il dna di FinecoBank. Il fatto di essere diventati una public company rafforza ulteriormente questi concetti ed è un’ulteriore rassicurazione per i nostri clienti, azionisti e dipendenti, se mai ce ne fosse stato bisogno, in merito al fatto che l’azienda continuerà assolutamente a muoversi in questa direzione».
Sugli 8,3 miliardi di euro di bond Unicredit che Fineco ha in pancia e che sono stati neutralizzati grazie al collateral, contestualmente al parziale disimpegno dell’istituto di piazza Gae Aulenti, Foti ha ribadito che «sono titoli come gli altri. Coerentemente alle guidance che abbiamo fornito al mercato, faremo il run-off di questo portafoglio via via che i bond arriveranno a scadenza, e non faremo sostituzioni con altre obbligazioni dell’emittente». I bond Unicredit verranno invece sostituiti con un portafoglio molto diversificato di titoli governativi europei, cui si aggiungerà l’attività di lending.
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