Stop al vecchio modello di solidarietà
di Daniele Cirioli

Stop ai contratti di solidarietà espansiva. In sostituzione arriva il contratto di espansione che, però, non interesserà tutte le aziende ma solo quelle di grandi dimensioni, cioè con organico sopra mille dipendenti, e un’operatività limitata di due anni (2019/20). Come nel precedente accordo di solidarietà, inoltre, anche il nuovo contratto prevede la facoltà di ridurre l’orario di lavoro ai dipendenti, nonché di lasciare a casa quelli vicini alla pensione, cioè entro 84 mesi dal diritto alla pensione di vecchiaia o anticipata (24 mesi per la sola pensione di vecchiaia, con la solidarietà). La novità arriva da un emendamento dei relatori al decreto crescita.

Contratto di espansione. Il nuovo contratto, che abroga definitivamente il contratto di solidarietà espansiva (la norma è introdotta in sostituzione del vigente art. 41 del dlgs n. 148/2015), avrà durata limitata a un solo biennio, sperimentale, cioè gli anni 2019 e 2020, e comunque entro il limite di spesa di 40 mln per il 2019 e di 30 mln per il 2020. Si rivolge alle imprese con organico superiore a mille unità lavorative, interessate da azioni di reindustrializzazione e riorganizzazione con modifica dei processi aziendali.
In pratica, con il nuovo contratto, da stipulare con ministero del lavoro e sindacati (anche Rsa o Rsu), in cambio di nuove assunzioni, l’azienda accede a una serie di misure di semplificazione e di contenimento degli oneri sul lavoro.
Le misure. In primo luogo, l’azienda che ricorre al nuovo contratto deve pianificare nuove assunzioni a tempo indeterminato, anche con contratto di apprendistato professionalizzante nel qual caso non dovrà assolvere a tutti i rituali adempimenti formativi, i quali vengono ritenuti assolti con la sola formazione pratica sul lavoro. In secondo luogo, con riferimento ai dipendenti in forza, l’azienda può adottare una riduzione dell’orario di lavoro, in media non superiore al 30% dell’orario ordinario, ma potendo arrivare anche fino al 100% (cioè astensione totale) con singoli lavoratori che vi acconsentano, ricorrendo alla Cigs (cassa integrazione guadagni straordinaria) per una durata massima di 18 mesi. In terzo luogo, l’azienda può ricorrere a licenziamenti anticipati dei dipendenti ai quali mancano fino a 84 mesi per maturare il diritto alla pensione di vecchiaia o anticipata. Non si tratta, in verità, di veri prepensionamenti (cosa che avviene, invece, con il contratto di solidarietà), ma di una procedura di esodo agevolato. Infatti, l’operazione deve essere concordata, tra azienda e lavoratori, con la sottoscrizione di atti di transazione prevedendo che, a fronte della risoluzione del rapporto di lavoro, l’azienda versi al lavoratore un’indennità mensile pari alla pensione lorda fino ad allora maturata come calcolata dall’Inps. Solo se la prima scadenza utile riguarda la pensione anticipata, l’azienda è tenuta anche al versamento dei contributi previdenziali (necessari a maturare il diritto alla pensione).

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