di Anna Messia
L’ingresso in campo è di quelli che fa impallidire gli avversari. Intesa Sanpaolo , già leader nel mercato assicurativo Vita, ha detto a chiare lettere che, nel giro di tre anni, vuole diventare il primo assicuratore in Italia pure nel ramo Danni e sul piatto ha messo maxi investimenti di 300 milioni, da utilizzare per innovazioni tecnologiche. Una manovra che potrebbe stravolgere gli equilibri di un settore il cui volume dei premi è al palo da anni, provocando un possibile calo della redditività (il roe) che negli ultimi anni era risalita a fatica. Ma allo stesso tempo il piano d’azione delle banca guidata da Carlo Messina potrebbe dare finalmente gas alla crescita del ramo Danni che il mercato assicurativo italiano attende da tempo, per allinearsi agli altri mercati europei. Anche perché quello di Intesa non è l’unico piano faraonico che sarà attuato nei prossimi mesi.
Anche le Poste Italiane , anche loro già leader nel mercato Vita, hanno annunciato l’intenzione di crescerà nel Danni, partendo però dalla Rc Auto dove il gruppo guidato da Matteo Del Fante, proprio in queste settimane, sta cercando partner con i quali lavorare. Non solo. Pure Axa ha di recente firmato una partnership nel ramo Danni con Ing per fornire prodotti assicurativi innovativi tramite la app della banca online. Un accordo che coinvolge sei Paesi, tra cui non manca l’Italia. Insomma, il mercato è alla vigilia di una grande rivoluzione che vede pure la presenza di operatori più piccoli che puntano sull’agilità. La prima spac (special purpose aqusition company) delle polizze quotata a Piazza Affari nelle scorse settimane è il progetto Archimede , lanciato da Andrea Battista, che vuole operare anch’essa nella bancassicurazione Danni in maniera innovativa, sfruttando le nuove tecnologie.
Gli spazi di manovra e di crescita, in verità, non sembrano mancare. «Il mercato Danni in Italia, escludendo l’Rc Auto obbligatoria per legge, vale circa la metà degli altri paesi europei rispetto al pil e se si osserva l’andamento degli ultimi 20 anni si scopre che la situazione non cambia», spiega Massimo Arrighi, partner financial istitutions group di A.T. Kearney Italia. Gli italiani, come noto, hanno una bassa propensione ad assicurarsi anche perché finora lo Stato si è fatto carico degli imprevisti, per esempio delle ricostruzioni post sisma (anche se con lacune e ritardi) oppure offrendo coperture sanitarie ampie e pensioni elevate, almeno per chi è già andato in pensione con il metodo retributivo. «Lo Stato ha giocato un ruolo di player entrato nel mercato in prima persona, come operatore», aggiunge Arrighi, «ma la coperta, visti gli squilibri del bilancio pubblico, si sta facendo sempre più corta e le banche sono pronte all’azione».
Gli istituti hanno già dimostrato di essere degli ottimi assicuratori nel ramo Vita, guadagnando le prime posizioni nel mercato, senza sottrarlo alle compagnie ma facendo crescere i premi per tutti. Adesso la scommessa che fanno è di nuovo la stessa: convincere più clienti a farsi un’assicurazione, spiega il consulente, «e la base su cui potranno lavorare è ampia considerando che ormai quasi tutti hanno un conto corrente e i più grandi player hanno milioni di clienti ai quali offrire polizze». I calcoli li ha fatti la stessa Intesa : oggi la banca ha solo il 5,8% dei clienti che compra prodotti assicurativi, contro il 20-25% che compra fondi comuni di investimento. Se la penetrazione arrivasse al 18-20% l’istituto diventerebbe appunto la prima compagnia di assicurazione Danni sulla parte non-auto in Italia.

Ma i modelli distributivi che dovranno differenziarsi da quelli delle assicurazioni tradizionali. Gli istituti dovranno essere capaci di offrire prodotti semplici, facili da collocare allo sportello e da spiegare ai clienti. «Il mondo assicurativo tradizionale, fatto spesso ancora di contratti cartacei resta complicato. La trasformazione è in atto per tutti ma per chi parte adesso sarà più facile», aggiunge Arrighi. I vantaggi competitivi per lo sportello non sembrano fermarsi qui. Le banche, per fare un esempio, potrebbero offrire modalità di pagamento mensile attraverso il conto corrente, e mettere a punto contratti più flessibili. «Potrebbero proporre a polizze unica, per esempio, all’interno della quale offrire coperture ai diversi bisogni, magari con assicurazioni a tempo», osserva il consulente. Innovazioni che potranno da realizzare grazie anche al digitale e alle nuove tecnologie. Sfruttando capacità di relazione e di semplificazione le banche potranno insomma aprire il mercato.

Diverso il caso del debutto programmato da Poste nel ramo Rc auto. In quel caso il bacino potenziale di riferimento, vista l’obbligatorietà della coperta per chiunque abbia un auto, non può crescere. L’effetto potrebbe essere un calo dei margini e non stupisce che gli agenti di assicurazione dello Sna, il sindacato nazionale, abbia alzato i toni chiedendo al governo di sospendere la gara avviata da Poste di cui il ministero dell’Economia detiene circa il 30%. Anche se, a ben vedere, pure in questo settore c’è da far crescere il mercato. Per esempio per le altre coperture legate sempre all’auto ma diverse dalla responsabilità civile, come quelle che tutelano il conducente. Pure in questo l’Italia è ancora indietro. (riproduzione riservata)
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