I dati della relazione annuale dell’Inail. Un caso su sette si verifica «in itinere»

Nel 2017, 641 mila denunce. Trend in salita nel 2018
di Simona D’Alessio
Poco al di sopra delle 641 mila le denunce di infortuni sul lavoro pervenute all’Inail nel corso del 2017 (una cifra «sostanzialmente in linea» con quella rilevata nel 2016, con una lieve flessione dello 0,08%, tuttavia, prendendo come riferimento il 2012, la discesa «è pari a circa il 14%»). E una retromarcia delle cosiddette «morti bianche», visto che ne sono state accertate 617 (il 58% fuori dall’azienda in cui operavano le vittime) a fronte delle 1.112 denunce arrivate e, «se anche i 34 casi ancora in istruttoria risultassero tutti riconosciuti come incidenti mortali sul lavoro, si arriverebbe a 651» decessi, numero che equivarrebbe a un decremento del fenomeno del «2,8%» (la cifra era di 670 nel 2016), registrando così il «minimo storico dal 1951».

È quanto si legge nella relazione relativa all’attività del 2017 dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, illustrata ieri, a Roma, dal presidente Massimo De Felice; gli infortuni, è stato riferito, «hanno causato circa 11 milioni di giornate di inabilità, con costo a carico dell’Inail».
Nei primi cinque mesi del 2018, poi, i casi mortali denunciati sono stati 389, ovvero 14 in più rispetto allo stesso periodo del 2017: l’aumento riguarda solamente gli incidenti che si son verificati «in itinere» (ossia nel tragitto del lavoratore fra casa e luogo in cui esercita la sua attività), passati da 104 a 118, mentre per quelli occorsi «in occasione di lavoro» le denunce sono state 271, in entrambi i periodi presi in esame. Per quel che riguarda, poi, le malattie professionali protocollate dall’Inail nel 2017 le segnalazioni sono state circa 58 mila, con una discesa di almeno 2.200 al confronto con l’anno precedente, tuttavia con una escalation di «circa il 25% rispetto al 2012»; della somma delle denunce, recita la Relazione, è stata riconosciuta la causa professionale al 33%, mentre il 3% è attualmente in fase di istruttoria ed analizzando il complesso dei casi che interessano la salute dei lavoratori, si scopre che il 65% concerne delle «patologie del sistema osteomuscolare».

A giudizio di De Felice «raffinata e potenziata deve essere la vigilanza dall’esterno, quella svolta dai corpi ispettivi, a tutela del rispetto delle norme», così come appare pure «necessario assoggettare al coordinamento anche le Asl», nonché «potenziare gli strumenti per le funzioni di intelligence», nella consapevolezza che «l’unica leva che resta, per dare maggiore effetto a normativa e a strumenti di prevenzione, è lo stile della vigilanza», anche di quella interna, ovvero «svolta da lavoratori, datori di lavoro e parti sociali». Secondo il ministro del lavoro Luigi Di Maio, volendo pensare di incentivare gli investimenti orientati a garantire la protezione degli occupati, sarebbe opportuno agire sul «costo dell’Iva» per i prodotti volti a migliorare la sicurezza sul lavoro, nonché «ridurre il costo del lavoro» per quelle aziende «che non solo rispettano le regole ma fanno di più», configurandosi come un «modello» da seguire.
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