Mancano pochi mesi al 40esimo anniversario della nascita del Servizio Sanitario nazionale, istituito con la legge n. 833 del 23 dicembre 1978 e sembra necessario, al fine di garantire almeno altri 40 anni di Ssn, affrontare il problema della sostenibilità del sistema stesso.
«La spesa sanitaria pubblica in rapporto al Pil ha evidenziato dei valori abbastanza preoccupanti negli ultimi anni. Nel 2017 si è registrato un valore pari al 6,8% e nel 2018 è previsto un ulteriore abbassamento con un valore pari al 6,6% del pil», dice il prof. Francesco Saverio Mennini, docente di Economia Sanitaria ed Economia Politica del Ceis all’Università di Roma «Tor Vergata».
«è possibile osservare una correlazione statistica significativa e anche stabile nel tempo fra le variabili. L’Italia è sulla linea di regressione, ma su livelli di spesa inferiori dei suoi competitor. Anche analizzando la relazione tra la spesa sanitaria pro capite e il pil pro capite si evidenzia come l’Italia negli ultimi dieci anni è situata stabilmente al di sotto della retta di regressione», aggiunge l’esperto. «In un contesto di questo tipo, caratterizzato anche da un finanziamento in termini reali praticamente invariato, il discorso relativo alla sostenibilità del sistema ed all’accesso all’ innovazione merita un approfondimento ben definito».
«Il primo passaggio culturale importante da effettuare è quello relativo ai concetti di costo e di investimento. Se si continua a considerare l’assistenza sanitaria e il Sistema Sanitario pubblico quale un mero costo diviene difficile, se non impossibile, poter parlare di innovazione, miglioramento della qualità della vita e sostenibilità», sottolinea Mennini . «Laddove, invece e come accade nei principali Paesi industrializzati, si inizia, finalmente, a considerare il Sistema Salute quale forma di Investimento, allora, forse, si potranno iniziare a definire dei percorsi virtuosi che potrebbero portare nel breve medio periodo ad un accettabile trade off tra innovazione e sostenibilità del sistema. Questo significa anche non soffermarsi esclusivamente sull’analisi dei costi diretti sanitari bensì anche considerare i costi indiretti e sociali».
è necessario, infatti, valutare anche l’impatto che le malattie hanno in termini di perdita di produttività e, soprattutto, sul sistema previdenziale. «Con riferimento a questo ultimo aspetto, è utile informare i cittadini ed i decisori che per le prestazioni assistenziali e previdenziali il sistema previdenziale (Inps) sostiene, direttamente e indirettamente, una spesa prossima ai 30 miliardi di Euro ogni anno (con un tendenziale in crescita).
A titolo esemplificativo basta ricordare che tra il 2009 e 2015, sono state fornite dall’Inps ben 22,7 milioni di prestazioni riferite alle neoplasie in Italia. La spesa totale calcolata in questo periodo per le malattie neoplastiche, fornite e supportate dall’Inps ammonta a 14 miliardi (pari al 19% del totale spesa per disabilità fornita dall’Inps) di cui il 48,8% associata alle pensioni, il 32,5% all’invalidità ed il rimanente 18,7% all’inabilità. Queste cifre debbono far riflettere. Infatti, riuscire a ridurre (mediante un accesso precoce alle cure efficaci, politiche di prevenzione più efficaci, l’implementazione di Pdta condivisi e aggiornati) alcune di queste voci di spesa (solo le prestazioni assistenziali dell’Inps ammontano a circa 18 miliardi di Euro) permetterebbe di liberare risorse importanti che potrebbero essere direttamente «girate» al sistema sanitario pubblico, evitando tagli lineari. Le prestazioni assistenziali, infatti, vengono si erogate dall’Inps ma finanziate dal Ministero dell’Economia», spiega l’economista.
«Oggi, l’equilibrio economico-finanziario è stato relativamente raggiunto sulla spesa corrente; tuttavia, sono ingenti i debiti pregressi e si sono sostanzialmente ridotti, se non annullati, gli investimenti nel Ssn. Come auspicato da più parti, in previsione di una pur debole ripresa economica, sarebbe opportuno ripensare al Ssn come investimento per il Sistema-Paese, riflettere sul principio di legislazione concorrente in materia sanitaria, garantendo maggiore equità di accesso alle prestazioni ed evitando, al contempo, che venga sminuita l’autonomia a livello locale raggiunta con le ultime riforme costituzionali. In Italia il contesto socio-sanitario è in progressiva e costante evoluzione e si colloca al centro di un acceso dibattito politico sulla sostenibilità e sulla ripartizione delle competenze tra governo centrale e istituzioni regionali. In questo scenario, tutti gli attori coinvolti, sia soggetti pubblici sia portatori di interesse privati, dovrebbero poter dialogare tra loro in modo da spostarsi da una logica negoziale a una logica di partnership, nell’ottica del perseguimento di un sistema «reciprocamente sostenibile» e «strategicamente stabile», conclude il prof. Mennni.
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