Lo ha dichiarato il presidente dell’Ivass nella relazione sul 2017. Rossi: le compagnie da noi vigilate hanno sfruttato poco le agevolazioni previste dal regime transitorio a differenza di tante concorrenti di altri Paesi Ue. E senza le quali le britanniche sarebbero sotto i minimi
di Anna Messia
Le assicurazioni italiane hanno sfruttato molto poco le misure transitorie e di aggiustamento previste due anni fa per l’introduzione graduale di Solvency II, e ora che la normativa Ue è prossima a una revisione che potrebbe vedere ridimensionati quei correttivi, sembrano messe decisamente meglio di molti concorrenti esteri. I numeri puntuali li ha dati ieri il presidente di Ivass e direttore generale di Banca d’Italia, Salvatore Rossi nella relazione annuale 2017 dell’istituto di controllo del settore assicurativo, dalla quale è emerso che in Italia l’unico strumento utilizzato dalle assicurazioni italiane è stato l’aggiustamento della volatilità, che ha consentito loro di vedere l’indice di Solvency II salire di 10 punti percentuali, dal 208 al 218%, cioè 2,18 volte il minimo previsto dalla normativa. Nel caso della Germania l’effetto delle misure correttive ha pesato invece per ben 113 punti (con l’indice salito dal 200 al 341%) e per la Francia di 31 punti (dal 167 al 198%). E nello Uk, senza le misure temporanee che hanno pesato per 107 punti, le locali compagnie presenterebbero un indice Solvency II inferiore al minimo richiesto (dal 154 al 47%).

«Nel 2020 ci sarà un riesame più ampio del quadro normativo Ue che includerà le misure transitorie e l’aggiustamento per la volatilità», ha ricordato Rossi, aggiungendo che «Ivass lavorerà per correggere disparità tra le imprese di diversi Paesi» e riconoscendo che l’aggiustamento della volatilità, così come congegnato, penalizza le assicurazioni italiane. La dimostrazione è arrivata anche con l’ultima impennata dello spread durante la quale il meccanismo non è scattato perché la soglia dei 300 punti (oltre la quale viene applicato il correttivo) non è stata toccata a fine mese. «Un sistema che crea una non linearità irrazionale e pericolosa», ha aggiunto Rossi. Dalla relazione è emerso che nel 2017, oltre alla solvibilità delle compagnie italiane, si è consolidata anche la loro redditività. Gli utili complessivi sono stati quasi 6 miliardi, dei quali 3,5 provenienti dal settore Vita e 2,5 miliardi da quello Danni, con un return on equity del 9%. Quanto alla raccolta premi, nel 2017 ha toccato 132 miliardi di euro, in calo del 2,5% rispetto al 2016, ma per il primo trimestre 2018 si registra invece una crescita del 2,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Tra le novità che attendono il settore, ieri il presidente di Ivass ha ricordato che sta per arrivare il nuovo regolamento sulla governance, che tra gli altri ha l’obiettivo di «accrescere l’efficacia dei consigli di amministrazione mediante competenze diversificate, indipendenza di giudizio, incentivi orientati alla performance di medio-lungo termine». Intanto si lavora anche all’avvio del nuovo arbitro assicurativo, al pari di quanto già fatto con Abf in Banca d’Italia e Acf in Consob. Un debutto atteso entro la fine dell’anno. L’Ivass ha poi ottenuto risultati migliori delle previsioni per quanto riguarda il risveglio delle polizze Vita cosiddette dormienti, ovvero quelle non incassate dai legittimi eredi che non ne conoscevano l’esistenza. Nell’ultimo anno e mezzo le compagnie assicurative ne hanno «risvegliate» circa 190 mila restituendo oltre 3,5 miliardi. Restano dormienti ancora 900 mila polizze su cui sono in corso accertamenti. Le restituzioni finali forse supereranno la stima iniziale, fatta lo scorso anno da Ivass, cioè 4 miliardi. (riproduzione riservata)

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