di Anna Messia
Mentre i consumi arrancano, la spesa sanitaria privata decolla e l’anno scorso ha sfiorato il valore record di 40 miliardi, in netta crescita rispetto ai 37,3 miliardi del 2016. I dati emersi dal Rapporto Censis-Rbm Assicurazione Salute, presentato ieri all’ottava edizione del Welfare Day 2018, mostrano che nel periodo 2013-2017 la spesa sanitaria dei privati (cosiddetta out of pocket) è aumentata del 9,6% in termini reali, molto più dei consumi complessivi (+5,3%). Nell’ultimo anno sono stati 44 milioni gli italiani che pagato di tasca propria le prestazioni sanitarie, per intero o in parte con il ticket. Nella top five delle cure ci sono i farmaci, acquistati l’anno scorso da sette italiani su dieci, per una spesa complessiva di 17 miliardi, seguiti da visite specialistiche (7,5 miliardi), cure odontoiatriche (8 miliardi), diagnosi e analisi (3,8 miliardi) e protesi e presìdi (1 miliardo). L’esborso medio per cittadino è 655 euro rispetto ai 616 del 2016, tra l’altro con evidenti squilibri sociali: la spesa sanitaria privata pesa infatti di più sui budget delle famiglie più deboli. Mentre nel periodo 2014-2016 i consumi delle famiglie operaie sono rimasti fermi (+0,1%), le spese sanitarie private sono aumentate invece del 6,4% (in media 86 euro in più nell’ultimo anno per famiglia). Per gli imprenditori c’è stato invece un forte aumento dei consumi (6%) e una crescita inferiore della spesa sanitaria privata (4,5%: in media 80 euro in più nell’ultimo anno). Per gli operai l’intera tredicesima se ne è andata in cure sanitarie familiari: quasi 1.100 euro l’anno.

La spesa privata per la salute incide pesantemente sulle risorse di sette famiglie su dieci. Nell’ultimo anno, per pagare le cure 7 milioni di italiani si sono indebitati e 2,8 milioni hanno dovuto vendere una casa o svincolare risparmi. Squilibri che il governo sembra avere ben in mente visto che nelle sue dichiarazioni programmatiche al Senato il neo premier Giuseppe Conte ha sottolineato il fatto che le differenze socioeconomiche non possono risultare discriminanti ai fini della tutela della salute, annunciando un’inversione di tendenza rispetto alla contrazione della spesa pubblica sanitaria prevista dal documento di economia e finanza già deliberato. I problemi di copertura però restano e la soluzione al problema, suggeriscono da Rbm Assicurazione Salute, è aumentare l’incidenza del secondo pilastro in Italia, «con polizze e fondi sanitari aperti a tutti» facendo di conseguenza scendere i costi, dice Marco Vecchietti, ad di Rbm Assicurazione Salute. Altrimenti, senza questi correttivi «gli italiani, nel 2025, vedranno salire le spese per cure mediche a una media di 1.000 euro», aggiunge. In realtà la diffusione delle polizze malattia è già in aumento, come mostrano i dati 2017 dell’Ania, che vedono una crescita annua dei premi poco inferiore al 10%, a 2,7 miliardi. «Lo sviluppo continuerà anche quest’anno, grazie soprattutto alla contrattazione collettiva», dice Vecchietti. Il mercato è stato spinto dall’avvio dell’obbligatorietà del fondo sanitario dei metalmeccanici (Metasalute) che coinvolge 1,5 milioni di persone. «L’anno scorso gli aderenti a fondi e polizze sono saliti in Italia a 13,9 milioni da 11,9 nel 2016», conclude Vecchietti, «ma bisogna guardare anche alla percentuale di spesa privata intermediata da fondi e polizze, salita l’anno scorso dal 13,8 al 14,5%, meno della metà di Paesi come la Germania». (riproduzione riservata)
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