di Sergio Vinciguerra
Torna di attualità una discussione che risale a quando fu emanato il nostro codice penale, cioè al 1930.
Investita il 26 gennaio 2016 in prossimità di un passaggio pedonale, la vittima, a causa degli esiti del sinistro, morì il successivo 28 agosto. L’autore del fatto fu condannato in base all’art. 589 bis c.p. introdotto dalla l. n. 41-2016 entrata in vigore il 25 marzo 2016 e, quindi, dopo la condotta omicida ma prima della morte. Contro la sentenza di condanna egli è ricorso per cassazione, chiedendo che gli sia applicata la normativa sull’omicidio colposo vigente al momento della condotta, perché più favorevole di quella dell’art. 589 bis: richiesta conforme alla norma del codice penale secondo cui «se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo ») (art. 2 comma 4°). Infatti, l’art. 589 bis c.p. entrò in vigore (il 25 marzo 2016) prima dell’evento morte (avvenuta il successivo 28 agosto) e quindi prima che si consumasse l’omicidio, della cui fattispecie la morte è elemento costitutivo essenziale. La questione è controversa, perché il codice nel disciplinare la successione fra leggi penali si riferisce al momento del «commesso reato» (art. 2) senza darne la definizione.
La IV sezione penale della Cassazione, competente sul ricorso, con ordinanza n. 21286-2018 ha chiesto, a norma dell’art. 618.1 c.p.p., che a decidere siano le Sezioni unite penali «nel perseguimento della tendenziale uniformità della giurisprudenza». Infatti, due recenti sentenze, in casi di successione normativa avvenuta dopo la condotta ma prima della morte, hanno applicato la legge vigente al momento dell’evento-morte (sentenza n. 19.008-2014 della sezione V penale e n. 22.379-2015 della stessa sezione IV penale): sentenze che la sezione IV, nella sua attuale composizione, non condivide.
Spiega l’ordinanza che nei reati di cui è elemento costitutivo l’evento riferirsi ad esso quando è successivo alla condotta rende applicabile la legge sotto la cui vigenza l’evento si è verificato, sebbene essa subentri quando al reo non è più possibile adeguarsi ad essa avendo già esaurito il proprio agire. In tal caso, la norma successiva (intervenuta, ripetiamo, fra la condotta e l’evento) sarebbe applicata retroattivamente ed alla condotta tenuta quando tale norma non era conoscibile e ciò contrasterebbe con il principio, affermato da C. cost. sent. n. 364-1968, che l’ignoranza della legge penale, se incolpevole perché inevitabile, scusa l’autore dell’illecito. Il principio è valido anche quando, come nel caso oggetto dell’ordinanza, la diversità fra le due normative riguarda le sanzioni, perché il maggiore intervallo edittale delle pene successive potrebbe – al di fuori di ogni prevedibilità da parte dell’autore del fatto – influenzare la quantificazione della pena accrescendola rispetto a quella calcolabile in base all’intervallo edittale della precedente disciplina sanzionatoria.
Si apre così un problema di politica penale qualunque sia la decisione delle Sezioni unite. Se esse dichiarano applicabile la legge vigente al momento della condotta, generano una disparità di trattamento rispetto a chi si vide applicare il «criterio dell’evento» e, con essa, la violazione dell’eguaglianza davanti alla legge enunciata nel primo comma dell’art. 3 cost. Se, invece, è accolto il «criterio dell’evento», viene data una lettura della nozione di «tempo del commesso reato» che, per le ragioni dette, è incostituzionale.
Questa alternativa poteva essere evitata, qualora la legge che introdusse l’art. 589 bis c.p. avesse espressamente detto se era da applicare agli omicidi stradali quando la condotta precedeva la sua entrata in vigore e la morte era successiva ad essa. L’eventuale giudizio di costituzionalità su questa norma chiarificatrice, qualunque fosse l’esito, l’avrebbe poi resa definitivamente certa.
Un consiglio, dunque, al legislatore per quando incontrerà casi come questo.
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