di Salvatore D’antona

Qual è il sogno più antico e sempre presente di ogni assicuratore che si rispetti? Essere libero di svolgere la propria professione soddisfacendo le esigenze del cliente, sganciato dalle logiche dei budget delle compagnie e riducendo i costi fissi.

In Italia questo desiderio si è tradotto, negli ultimi anni, in una crescita continua di agenti plurimandatari e piccoli broker. Poter disporre di un’offerta di prodotto ampia e diversificata, di servizi assicurativi specialistici in settori ritenuti poco strategici dalle Compagnie, di autonomia nelle proprie scelte commerciali, ha spinto sempre più operatori a percorrere queste strade. Il vantaggio è la libertà. Le difficoltà sono note: cercarsi accordi con compagnie disponibili a praticare il plurimandato, gestione amministrativa complicata, margini economici derivanti dalle provvigioni spesso al di sotto dei livelli precedenti a causa dell’assenza di rappel o di scontistica (spesso riservata ai fedelissimi monomandatari).

La libertà costa, si dirà. Ed è vero, c’è sempre un prezzo da pagare in qualunque scelta della vita e in particolare quando si decide di varare la propria imbarcazione professionale in acque poco esplorate. Lo scenario attuale del settore ha complicato ulteriormente la situazione di questi naviganti solitari. Sigle inquietanti si aggirano sopra le loro teste: GDPR e IDD levano il sonno di questi professionisti. Quanto costerà adeguarsi al nuovo regolamento sulla Privacy? E quanto dovrà sborsare ciascuno per far sì che la propria agenzia sia in linea con la nuova direttiva sulle assicurazioni? Senza contare i costi per dotarsi di un gestionale dignitoso e che non renda ancora più complicata l’attività di quanto già non lo sia.

In pochi, tuttavia, stanno riflettendo su una variabile decisiva per ogni attività professionale e ancora di più per quelle commerciali: il tempo. In molti considerano il tempo come accessorio nella propria giornata. Lo si utilizza a caso, spesso sprecandolo. Già molti anni fa, Stephen Covey, aveva elaborato un modello per la gestione del tempo con il famoso quadrante che riportava i parametri “Importante” e “Urgente”, “Non importante” e “Non urgente” rispetto alle nostre attività quotidiane. L’intermediario comincia la sua giornata con la percezione di essere vessato dalla burocrazia, dai regolamenti, dalle circolari. La prosegue rincorrendo i propri clienti che neppure lo avvisano se vanno ad assicurare la propria auto da un’altra parte, prova a gestire sinistri rimbalzando tra call center e uffici tecnici, si districa con fatica sulla digitalizzazione e, infine, provando a rilassarsi un po’, riesce a sedersi davanti ad un cliente per cercare di vendergli una polizza.

Il tempo non basta mai e spesso si arriva a sera con la sensazione di avere passato la giornata non avendo neppure un minuto per riordinare le idee. Ma è davvero così? Covey è chiaro su questo punto: il tempo è funzione di ciò che riteniamo urgente e importante. C’è da chiedersi: urgente per chi? Importante per chi o per cosa? L’urgenza richiede massima attenzione ed un livello notevole di stress. Ma quali sono le urgenze in una giornata di un assicuratore tipo? Un sinistro, una liquidazione di un danno che ha scontentato un cliente che minaccia di rivolgersi all’Autorità competente, una quotazione in ritardo, un guasto informatico. E cosa è importante? In realtà ciascuno di noi stabilisce cosa è importante nella propria vita e nel proprio lavoro e per ognuno la risposta può essere diversa.

Importante è soggettivo. Ma nel caso degli intermediari assicurativi ciò che è importante coincide spesso con ciò che è urgente e ciò che è urgente, spesso, non riguarda l’attività principale di un assicuratore. Già, perché un assicuratore dovrebbe impiegare la gran parte del proprio tempo a cercare cliente, a intavolare trattative, a trovare soluzioni alle esigenze riscontrate. Nella realtà non è così. Nessun intermediario assicurativo riesce a destinare più del 50% del proprio tempo all’attività commerciale. E nello scenario che si prospetta sarà ancora peggio. Il tempo per vendere polizze si assottiglia sempre più, viene impiegato per cose che non portano redditività. Ciò che l’assicuratore ritiene urgente e importante lo è, in realtà, per altri: per il legislatore, per le compagnie. Molte delle attività che ingolfano la giornata dell’intermediario sono “non urgenti” e “non importanti” per il suo core business e Covey diceva che impiegare il proprio tempo in attività non urgenti e non importanti genera spreco. Spreco di energie, spreco di tempo.

Qualcuno afferma che bisogna accettare il fatto che fare l’assicuratore è diventato un altro mestiere. Che oggi possiamo definirlo un manager che deve essere capace di circondarsi di persone capaci a svolgere le attività amministrative, informatiche e di compliance necessarie a liberargli il tempo per occuparsi dei clienti. Ma in un mercato che nella sua discesa di margini e profitti non conosce sosta, che vede la r.c. auto sempre più come una commodity per la quale le provvigioni sono destinate a scomparire, come se ne esce?

Forse la soluzione, che appare ancora nebbiosa all’orizzonte, è nella nascita di network, soprattutto nel mondo del brokeraggio, che riescono ad offrire un supporto organizzativo agli intermediari rispettando la loro libertà. Una sorta di indipendenza organizzata nella quale l’acronimo I.O. (Indipendenza Organizzata, appunto) riesca davvero ad affermarsi, nella capacità di governare le proprie politiche commerciali e gli orientamenti del lavoro quotidiano, nella soddisfazione propria di raggiungere i risultati adatti a far crescere la propria realtà. Questo scenario, forse, libererà tempo, lo valorizzerà per ciò che è davvero importante e urgente per l’intermediario assicurativo. Solo così il tempo smetterà di essere un costo e diverrà una opportunità.