Mentre un maggior numero di stati sta legalizzando la marijuana per uso medico e ricreativo, c’è una crescente preoccupazione per il rischio che delle persone si mettano al volante quando sono “sballate”. La marijuana può rallentare il tempo di reazione, alterare le capacità di giudizio e di calcolare la distanza e diminuire la coordinazione. Dopo l’alcol, la marijuana è la droga che viene trovata più spesso nei conducenti coinvolti in incidenti automobilistici, rappresentando il 35,6% degli stupefacenti assunti, secondo l’amministrazione federale per la sicurezza stradale (National Highway Traffic Safety Administration – NHTSA).

A partire da aprile 2018, l’uso medico della marijuana è legale in 37 stati e nel distretto di Columbia.

La marijuana per uso ricreativo è consentita in nove stati e nel distretto di Columbia. La marijuana per uso medico si riferisce all’uso, al possesso e/o alla coltivazione di marijuana per scopi medici. I pazienti possono accedere al farmaco se sono malati terminali o soffrono di sintomi dolorosi o a lungo termine associati a determinate patologie come l’epilessia, l’HIV / AIDS, il glaucoma, la sclerosi multipla, la distrofia muscolare, i disturbi convulsivi, il disturbo da stress post-traumatico ed il cancro.

Gli automobilisti che vivono in stati che consentono l’uso di marijuana medica con una raccomandazione medica valida, potrebbero comunque essere accusati di guida sotto l’effetto di stupefacenti. Se l’agente e/o l’esperto in materia di riconoscimento di stupefacenti raccogliessero sufficienti prove per determinare un’alterazione causata dalla marijuana, un’ulteriore deroga medica valida non può essere utilizzata come difesa. A questo proposito, la marijuana per uso medico non è affatto diversa da qualsiasi altro farmaco prescritto avente il potenziale tale da compromettere le capacità di guida.

A differenza dell’alcool, il componente psicoattivo della marijuana (THC) è rilevabile nell’urina e nel flusso sanguigno di una persona fino a quattro o cinque settimane dopo l’uso, e non c’è modo di rilevare in modo definitivo uno stato di alterazione ad un posto di blocco. Le leggi e le relative interpretazioni variano riguardo alla definizione di alterazioni dello stato psicofisico del conducente. I test clinici possono loro stessi variare, ma non esiste una legislazione uniforme al fine di determinare quanto spesso vengano utilizzati questi test ai posti di blocco e che tipo di farmaci venga esaminato.  Non esiste, attualmente, un dispositivo su strada valido che le forze dell’ordine possano usare per testare la marijuana e altri farmaci. Molti agenti difettano di una formazione atta ad identificare coloro che, alla guida, si trovano in stato di alterazione, peraltro le lungaggini nei test su strada possono consentire al farmaco di metabolizzarsi, quindi i risultati non misurano accuratamente la concentrazione di sostanze all’interno del corpo del conducente durante un posto di blocco.

Ogni stato ha leggi che si occupano di guida in stato di ebbrezza e di guida in stato di alterazione da farmaci o sostanze stupefacenti. Ma a differenza delle leggi previste per la guida in stato di ebbrezza, quelle che si rivolgono a coloro i quali guidino in stato di alterazione psicofisica sono ricche di sfumature, difficili da far rispettare o perseguire e variano sostanzialmente da stato a stato. Non ci sono test sul campo paragonabili alle analisi condotte con l’etilometro, che misura la concentrazione di alcool presente nel sangue. Alcune giurisdizioni affidano ad esperti il compito del riconoscimento della droga, ovvero ad ufficiali di polizia addestrati che seguono linee guida specifiche per identificare gli automobilisti che si mettono alla guida pur essendo in stato di alterazione dovuto a farmaci o a sostanze stupefacenti.

Mentre più stati provvedono a legalizzare la marijuana ad uso medico e ricreativo, la mancanza di uniformità legislativa si allarga nel modo in cui gli stati si avvicinano alla guida in stato di alterazione psicofisica. Non esiste una norma nazionale per la guida sotto sostanze. Un conducente positivo alla marijuana non significa necessariamente guida in stato di alterazione, dato che i cannabinoidi possono rimanere nell’organismo per settimane. Gli scienziati stanno lavorando al fine di creare un test chimico per sostituire gli indicatori comportamentali su cui gli agenti di polizia basano il loro giudizio durante posto di blocco. Lo sviluppo di un test su strada identificherebbe il livello di alterazione psicofisica e rafforzerebbe il divieto alla guida sotto l’influenza della marijuana.

Fonte: Gen Re® 
Traduzione a cura di Ashley Frazza