Secondo il World Wealth Report 2018 di Capgemini, è cresciuta del 10,6% a livello mondiale

In Italia, High Net Worth Individual in aumento del 9%
di Laura Magna

La crisi è superata, per gli High Net Worth Individual (HNWI), i paperoni che hanno investito almeno un milione di dollari nel 2017. Secondo il World Wealth Report 2018, pubblicato da Capgemini il 19 giugno, la ricchezza di questi individui ha superato per la prima volta i 70 mila miliardi dollari, segnando una crescita del 10,6% anno su anno, la migliore dal 2011. E, rispetto a un anno prima, ci sono 1,6 milioni di ricchi in più nel mondo.
A generare questa accelerazione è stato il buon rendimento dei mercati azionari nelle regioni chiave, insieme al miglioramento dell’economia in generale. La popolazione degli HNWI ha segnato un incremento in tutte le aree geografiche: la parte del leone continuano a farla Asia-Pacifico e Nord America che rappresentano il 74,9% (1,2 milioni) dei nuovi HNWI a livello mondiale e il 68,8% (4.600 miliardi di dollari) della crescita globale della loro ricchezza. Anche l’Europa ha ottenuto buone performance nel 2017 con un incremento del patrimonio degli HNWI pari al 7,3%. Nel 2017, i maggiori mercati – compresi Stati Uniti, Giappone, Germania e Cina – rappresentano il 61,2% della popolazione mondiale degli HNWI e il 62% di tutti i nuovi HNWI. La ricchezza degli HNWI potrebbe raggiungere i 100 mila miliardi di dollari entro il 2025, secondo le previsioni di Gapgemini.
In questo contesto di generale miglioramento, l’Italia ha segnato tassi di crescita superiori a quelli medi del Vecchio Continente: tra il 2016 e il 2017, il numero di HNWI è incrementato di circa il 9%, da 251.500 a 274.000 individui. L’Italia è stabile alla decima posizione della top 10 dei paesi mondiali per numero di HNWI, preceduta, nell’ordine da Usa, Giappone, Germania, Cina, Francia, Regno Unito, Svizzera, Canada e Australia.
Secondo il report, nel 2017 i rendimenti degli investimenti globali degli HNWI sono aumentati del 27,4%: un risultato brillante che pure non ha impedito alla soddisfazione degli investitori di subire un calo. In cosa investono i ricconi e quanto hanno guadagnato? Le azioni sono rimaste la principale asset class nel primo trimestre del 2018, rappresentando il 30,9% del patrimonio finanziario degli HNWI, seguita da disponibilità liquide e attività equivalenti al 27,2% e da proprietà immobiliari al 16,8%, queste ultime aumentate del 2,8%. Gli HNWI under 40 affermano di aver conseguito rendimenti degli investimenti molto più elevati rispetto ai loro pari più anziani (37,9% rispetto al 16,9%), forse a causa del bisogno di dedicarsi alla creazione di ricchezza in questa prima fase della loro vita, rispetto alla maggiore attenzione verso la preservazione dei propri patrimoni mostrata dagli HNWI over 60.
In ogni caso, dicevamo, il grado di soddisfazione generale è diminuito. Gli HNWI nordamericani sono risultati i più soddisfatti del proprio gestore patrimoniale (75,2%), mentre nessun’altra regione ha superato la soglia del 70%. Nel 2018, solo il 55,5% degli HNWI ha affermato di avere stabilito un forte legame con il proprio wealth manager, nonostante i considerevoli rendimenti degli investimenti realizzati negli ultimi due anni. «Le società di wealth management hanno chiare opportunità per rafforzare la relazione con i propri clienti dall’elevato patrimonio netto, dato che quasi la metà di loro afferma di non sentirsi molto legata ai propri gestori patrimoniali. Offrire un’innovativa customer experience digitale è un modo per consolidare il rapporto tra wealth manager e clienti», commenta il dato Monia Ferrari, head of banking di Capgemini Italia. Probabilmente è un approccio troppo tradizionale a rendere insoddisfatti i super-ricchi, che invece, sembrano essere attratti dai nuovi investimenti alternativi. Sono ancora i numeri a spiegarlo: le criptovalute attraggono sempre più questa categoria di investitori, quasi il 60% dichiara di avere un interesse elevato. Dal canto loro, le società di wealth management hanno avuto un atteggiamento ambivalente su questo fronte avendo fornito informazioni sul tema solo al 34,6% degli HNWI. Un atteggiamento che nel lungo periodo non pagherà. E lo dimostra il fatto che il grado di soddisfazione degli HNWI in termini di hybrid advice, ovvero di quei modelli che uniscono la gestione fisica a quella online, è già sceso del 5,1%, a quota 57,3%. Inoltre, più del 50% di questi investitori abbienti ha manifestato interesse verso servizi di gestione patrimoniale offerti dalle BigTech. Per affrontare il calo della soddisfazione degli HNWI relativo ai servizi ibridi e prepararsi all’ingresso delle BigTech nel settore, i wealth manager stanno accelerando la trasformazione dei loro modelli di hybrid advice e investendo in tecnologie innovative come automazione intelligente e intelligenza artificiale (AI). Una scelta necessaria perché, come spiega ancora Ferrari: «Stiamo osservando che i soli rendimenti non possono sostenere il business della gestione patrimoniale.. I modelli ibridi stanno guadagnando popolarità perché gli HNWI possono accedere a servizi di pianificazione finanziaria in maniera modulare, pay-as-you-go, e assumere il controllo dell’intero processo di gestione patrimoniale. A seconda delle esigenze, è possibile scegliere tra servizi automatizzati, un approccio guidato dal wealth manager o una combinazione dei due».
Il 68,7% degli HNWI intervistati a livello globale ha affermato che proprio efficaci modelli di hybrid advice sarebbero un fattore significativo per consolidare le attività con la propria società di wealth management primaria tra il primo trimestre 2018 e il primo trimestre del 2020.
L’hybrid advice insomma è un elemento chiave nella value proposition delle società di wealth management.
E dunque alle società è richiesto uno sforzo ancora maggiore: tra il secondo trimestre 2017 e il primo trimestre 2018, il 57,1% delle imprese di gestione patrimoniale afferma di avere avviato un piano di trasformazione nel 2018, con un incremento del 3,4% rispetto all’anno precedente. Tuttavia il report sottolinea che questi progressi non avvengono abbastanza velocemente, considerando il calo del grado di soddisfazione degli HNWI per quanto riguarda le proposte di hybrid advice e il potenziale ingresso delle BigTech nel settore.
Secondo il rapporto, dato che oltre il 50% degli HNWI esprime un interesse per i servizi di wealth management offerti dalle BigTech, ciò potrebbe tradursi in 12 mila miliardi di dollari di potenziali asset flow, in base alla percentuale del portafoglio che gli HNWI affiderebbero alle BigTech. Un rischio a cui ci si deve preparare, se lo si vuole scongiurare.(riproduzione riservata)
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