Il riconoscimento evita una duplicazione nei versamenti
di Duilio Liburdi e Massimiliano Sironi

Il credito d’imposta sui redditi esteri vale anche nell’ambito della procedura di voluntary disclosure. Le modifiche operate in sede di conversione del dl n. 50/2017 introducono tale importante principio che è finalizzato ad evitare una duplicazione d’imposta sui medesimi redditi.

La situazione prima delle modifiche. In materia di credito di imposta sui redditi esteri, il riferimento normativo è rappresentato dall’art. 165 Tuir, che detta le condizioni affinché sia possibile usufruirne al fine di evitare i fenomeni di doppia imposizione. È opportuno ricordare come in proposito il comma 8 dell’art. 165 Tuir specifichi che «la detrazione non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero nella dichiarazione presentata». Su tale punto, l’Agenzia delle entrate si è da ultimo pronunciata con la circolare n. 9/E del 5 marzo 2015: con particolare riferimento ai redditi esteri cui è collegata l’imposta estera, il documento di prassi chiarisce che gli stessi sono da considerarsi omessi qualora non sia stato riportato un reddito estero derivante dalla medesima fonte produttiva e appartenente alla stessa categoria reddituale di quello non indicato. Tuttavia, tale dimenticanza può essere sanata mediante ravvedimento operoso e successiva presentazione di dichiarazione integrativa «a sfavore»: questo comportamento consente di indicare nell’integrazione, il credito d’imposta connesso con i redditi esteri.

La voluntary discloure. Dato il contesto di cui sopra, nella prima edizione della voluntary disclosure, gli uffici (ancorché non risulta sia mai stata presa una posizione ufficiale da parte dell’agenzia) hanno liquidato le istanze di collaborazione volontaria attenendosi ai contenuti della circolare 9/E del 2015. Conseguentemente, l’omessa indicazione dei redditi esteri nella dichiarazione originaria e l’assenza di una qualsiasi integrativa, impedivano (secondo la lettura data al comma 8 dell’art. 165 Tuir) il riconoscimento del credito d’imposta per i redditi emersi in seguito a voluntary. Invece, qualora si fosse proceduto a regolarizzare tali imponibili mediante ravvedimento operoso e successiva dichiarazione integrativa, nulla ostava a che detti crediti fossero indicati in dichiarazione; e ciò anche in maniera complementare rispetto alla procedura di collaborazione volontaria.

Le modifiche al dl n. 50/2017. Questa impostazione, ancorché supportata dalla lettura del comma 8 dell’art. 165 Tuir, appariva non soddisfacente in termini di equità, generando nei fatti una ingiustificata duplicazione d’imposta (estera e poi domestica) sul medesimo reddito.

In proposito, sono intervenute alcune rilevanti modifiche in sede di conversione del dl n. 50/2017 che, dalla lettura dei documenti accompagnatori all’iter legislativo, hanno anche la finalità di ampliare la platea dei soggetti che potrebbero accedere alla seconda edizione della voluntary.

Viene ora inserito nell’art. 5-octies, comma 1, lett. a) del dl n. 167/1990, la lettera a-bis, per il tramite della quale è stabilito che, qualora i redditi di lavoro dipendente (art. 6, comma 1, lett. c del Tuir) e di lavoro autonomo (art. 6, comma 1, lett. d del Tuir) concorrano a formare il reddito complessivo, non si applica la limitazione di cui al comma 8 dell’art. 165 del Tuir per il credito d’imposta estero: quindi, per determinate categorie di reddito che «emergono» in occasione della procedura di collaborazione volontaria, il credito d’imposta estero sarà sempre riconosciuto a patto che i redditi partecipino alla formazione del reddito complessivo e indipendentemente dalla loro indicazione nei modelli dichiarativi.

Sempre in sede di conversione, si prevede che tale deroga valga per le istanze (relative alla prima edizione) già presentate e non ancora definite alla data di entrata in vigore della disposizione, mentre è normativamente precluso il rimborso delle imposte già pagate a suo tempo.
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