IL VOSTRO QUESITO

Vi chiediamo alcuni chiarimenti in merito alla responsabilità civile di una struttura sanitaria privata e agli obblighi assicurativi gravanti sulla stessa, alla luce delle recenti modifiche apportate alla materia in seguito alla emanazione della legge 24 del 8 marzo 2017 (legge Gelli).
In particolare interessa analizzare il caso di una struttura privata che opera sostanzialmente come un poliambulatorio per visite specialistiche (no interventi), nel quale prestano la loro attività numerosi medici operanti in regime di libera professione: la struttura mette a disposizione ambulatori, macchinari e servizi di segreteria, raccogliendo le prenotazioni ed emettendo direttamente fattura, salvo poi riconoscere un compenso al medico che ha erogato la prestazione.
Ai sensi del art. 7, comma 2, della legge Gelli, sulla struttura grava una responsabilità di tipo contrattuale (artt. 1218 e 1228 del CC) e risponde delle condotte dolose o colpose dei singoli esercenti la professione sanitaria, anche se non dipendenti. Vi chiediamo se questo tipo di responsabilità contrattuale gravante sulla struttura, faccia in qualche modo ricadere sulla struttura stessa gli errori professionali del singolo medico, ancorchè non dipendente. In altri termini, un paziente che si ritenga danneggiato da un errore professionale di uno dei medici liberi professionisti che opera nella struttura, potrebbe a pieno titolo chiedere il risarcimento alla struttura e non al medico?

Una seconda questione che vorremmo porvi è relativa agli obblighi assicurativi previsti all’art. 10 della legge Gelli.
Il comma 1 sancisce l’obbligo per le strutture sanitarie pubbliche o private di stipulare una assicurazione RCT/O e, in aggiunta, una seconda polizza a copertura della responsabilità civile verso terzi degli esercenti le professioni sanitarie (responsabilità extracontrattuale). L’ultimo paragrafo del comma 1 chiarisce però che le disposizioni che obbligano ad assicurare la responsabilità dei singoli sanitari “non si applicano in relazione agli esercenti la professione sanitaria di cui al comma 2”, cioè in quei casi in cui l’esercente la professione sanitaria svolga la propria attività all’interno della struttura in regime libero-professionale.
Sembra quindi di capire che, ai sensi dell’art. 10, il poliambulatorio in questione sia tenuto ad assicurare solamente la RCT/RCO contrattuale, senza dover obbligatoriamente stipulare la seconda polizza a copertura della responsabilità civile verso terzi dei singoli medici. E’ corretta questa interpretazione?
In conclusione, il combinato disposto degli articoli 7 e 10 sembrerebbe da un lato (art. 7, comma 2) porre a carico della struttura la responsabilità dei danni colpevolmente cagionati a terzi dai medici liberi professionisti che operano nella stessa, dall’altro (art. 10, comma 1, ultimo paragrafo) non imporrebbe alla struttura alcun obbligo assicurativo per questo tipo di responsabilità, che peraltro dovrebbe già essere coperta dal singolo sanitario libero professionista, ai sensi della legge 148/2011.
E’ corretta questa interpretazione? Cosa consigliare alla azienda cliente?

L’ESPERTO RISPONDE


Il duplice quesito riguarda, da un lato, l’azionabilità del diritto al risarcimento da parte del paziente danneggiato nei confronti della clinica privata/poliambulatorio per fatto di in medico libero professionista che collabora con gli stessi e, dall’altro, gli obblighi assicurativi gravanti sulla struttura per il personale sanitario non dipendente.
Orbene, al primo quesito va data risposta positiva nel senso che la struttura privata è responsabile contrattualmente nei confronti del paziente per i danni cagionati da condotte dolose o colpose degli esercenti la professione sanitaria, che con essa collaborano, “anche se scelti dal paziente e ancorchè non dipendenti” (art. 7, comma 2). Sul fatto che la responsabilità della struttura privata fosse di natura contrattuale ormai non esisteva alcun dubbio anche prima della “riforma Gelli”: v. per tutti, Cass. n. 13066/2004 e Partenza, “La nuova responsabilità civile del medico e della struttura sanitaria”, pag. 99 ss. .
La struttura avrà peraltro facoltà di rivalsa per come regolata e delimitata dall’art. 9 in caso di dolo e colpa grave del medico (fermo restando che il medico può a sua volta essere chiamato direttamente in giudizio dal paziente a titolo di responsabilità extracontrattuale ex art 2043 c.c. – ove non sia stato scelto dal paziente, beninteso – o chiamato in causa dalla struttura o dall’assicuratore di quest’ultima).

Quanto ai profili assicurativi: l’art. 10 , 1° comma, prevede che le strutture sanitarie pubbliche e private stipulano polizze assicurative o adottano altre analoghe misure (alternativa questa che pone non pochi interrogativi sul piano pratico, ma che non riguarda direttamente la fattispecie in esame) per la copertura della responsabilità civile degli esercenti le professioni sanitarie, ma, nell’ ultima parte, precisa che l’obbligo non riguarda gli esercenti la professione sanitaria di cui al comma 2 e cioè quelli che operano all’interno della struttura in regime libero professionale ovvero che si avvalgano della stessa nell’adempimento della propria obbligazione contrattuale assunta con il paziente, per i quali resta fermo l’obbligo assicurativo di cui al D.Lgs.148/2011. Resta fermo altresì per tutti gli esercenti la professione sanitaria a qualunque titolo presso una struttura pubblica o privata l’obbligo di copertura per la colpa grave.
Pertanto la conclusione di chi ha posto il quesito è del tutto condivisibile: la struttura privata, nella fattispecie, non è tenuta ex lege a stipulare alcuna copertura assicurativa di responsabilità civile a favore dei liberi professionisti che a qualunque titolo operino presso di essa.
Considerato che, come prevede la stessa legge, il diritto di rivalsa deve essere reso effettivo, certamente il professionista dovrà dotarsi di una sua polizza personale (sulle cui caratteristiche minimali bisogna attendere i decreti attuativi).
La struttura potrà condizionare la collaborazione all’esistenza della copertura con Impresa di suo gradimento e con massimali adeguati.
La posizione del medico libero professionista ha invece contorni un po’ più articolati anche sotto il profilo assicurativo, cui si accenna brevemente: la legge sembra regolare e limitare la rivalsa della struttura ai soli casi di dolo e colpa grave nei termini di cui all’art. 9 ( la misura della rivalsa non può superare la somma prevista dal comma 6). Tale conclusione tuttavia potrebbe non considerare l’ipotesi di coinvolgimento del medico nella vertenza con conseguente sua possibile responsabilità solidale ex art. 2055 c.c. e superamento di detti limiti della rivalsa come sua obbligazione risarcitoria: ipotesi questa che conferma l’opportunità di una copertura “piena” da parte del medico libero professionista (oltre che per obbligo di legge: che diventerà effettivo a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6 dell’art.10 con il quale saranno determinati i requisiti minimi delle polizze assicurative).