Intercettazioni, una stretta. Reati predatori, pugno duro
Pagina a cura di Claudia Morelli

Riforma penale, è fatta. E per le intercettazioni tre mesi di tempo per varare la nuova disciplina restrittiva.

Ieri la Camera dei deputati ha votato prima la questione di fiducia (320 sì) e poi ha approvato il provvedimento che disciplina la prescrizione allungandone i tempi, impone una stretta alla pubblicazione di intercettazioni penalmente non rilevanti e ne calmiera i costi, aumenta le pene per i reati predatori e per il voto di scambio politico-mafioso, in qualche modo ridisegna i rapporti di forza nelle procure, introduce cause estintive del reato collegate alla condotta riparativa del responsabile, ridisegna il perimetro dell’esecuzione penale, introduce limitazioni al sistema delle impugnazioni.

Dichiarazioni e voto finali in diretta Rai nel pomeriggio per una riforma fortemente voluta dal guardasigilli Andrea Orlando ( «il complesso del provvedimento è garantista. Darà risposte»); bollata a parole grosse dal M5S («contiene tutte porcate eclatanti», ha dichiarato ); criticata da FI, che ha votato contro soprattutto per la sospensione dei termini di prescrizione dopo le sentenze di condanna di I e II grado; contestata a gran voce dall’Ucpi e meno da Anm, preoccupata per lo più per la norma che stabilisce l’avocazione del procuratore generale se il pm non esercita l’azione penale entro tre mesi (con rischio di ingolfamento delle procure generali, oltre che norma «capestro» per i pm). Ieri la giunta ha parlato della fiducia come di una «forzatura».

Il provvedimento, formato da un solo articolo e 95 commi, se non è una riforma strutturale tocca comunque sia il codice penale, che quello di procedura che l’ordinamento penitenziario. Sono tante, infatti, le norme puntuali e le deleghe contenute che il Governo si affretterà a esercitare, visto che il ministero della Giustizia ci sta già lavorando.

I tempi sono brevissimi per la delega sulle intercettazioni: tre mesi dall’entrata in vigore della legge. Il decreto delegato è praticamente già scritto. Verrà istituito un archivio riservato nel quale confluiranno le intercettazioni che non sono ritenute rilevanti dal pm rispetto all’ordinanza di custodia cautelare, con facoltà di ascolto ma non di copia per i difensori. Il pm avrà la responsabilità di garantirne la riservatezza. Deciderà poi il giudice quali sono pertinenti e debbano essere trascritte, facendo cadere il divieto assoluto di pubblicazione. È introdotto un nuovo delitto (punito con la reclusione non superiore a 4 anni) in caso di diffusione da parte di privati di registrazioni e riprese fraudolente con la sola finalità di recare danno alla reputazione (ricordate il caso D’Addario), salvo diritto di difesa e di cronaca.

La norma disciplina anche l’utilizzo dei trojan, cioè i malware che captano informaticamente conversazioni (ma anche molto altro) tramite device e pc. La lista dei reati nelle indagini sui quali è possibile utilizzare questo nuovo strumento di indagine è ampia e riguarda da una parte quelli di criminalità organizzata; e dall’altra molti delitti puniti con la pena superiore nel massimo a cinque anni.

Nonostante la legge sia un primo passo verso una disciplina legislativa oggi mancante, molti esperti stanno evidenziando il grave gap a danno delle garanzie dei cittadini considerando l’alto livello di pervasività e intrusione di questi strumenti.

Sempre in tema di intercettazioni, fa parte della nuova disciplina anche la razionalizzazione delle spesa per arrivare ad un risparmio del 50% delle tariffe praticate dagli operatori. Nel 2015 la spesa è stata pari a 245 milioni di euro per 132mila bersagli.

Molte delle novità principali, tra cui quelle hanno sollevato più polemiche sono contenute nella tabella pubblicata in pagina, a cui rimandiamo.

Segnaliamo ancora altre deleghe: per esempio quella di riforma dell’ordinamento penitenziario, volta a restituire una valenza riparativa alla pena. Tra i criteri di delega indichiamo quello volto a facilitare accesso alle misure alternative (non in caso di eccezionale gravità o delitti di mafia e terrorismo), fissando a 4 anni il limite di pena che impone la sospensione dell’esecuzione; quello per la revisione del sistema delle preclusioni all’accesso ai benefici penitenziari; l’incremento delle opportunità di lavoro retribuito sia intramurario che esterno e la valorizzazione del volontariato. Anche il rispetto dell’affettività troverà spazio mentre i detenuti potranno utilizzare collegamenti audiovisivi per i contatti con i familiari. Una previsione, quest’ultima, già soprannominata «Skype per i mafiosi» da M5S. Il decreto delegato dovrà anche dare attuazione, sia pure in linea tendenziale, al principio della riserva di codice nella materia penale.

La delega per la revisione delle impugnazioni tende ad una loro limitazione: le sentenze appello del giudice di pace saranno ricorribili per Cassazione soltanto per violazione di legge; l’appello del pm della sentenza di condanna sarà ammessa solo in casi specifici (es. quando abbia modificato il titolo del reato); niente appello dell’imputato per le sentenze di proscioglimento perché «il fatto non sussiste» o «l’imputato non lo ha commesso»; niente appello per sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere per contravvenzioni punite con la sola pena dell’ammenda o con una pena alternativa. Tra le altre novità anche la introduzione del concordato dei motivi in appello. Le parti possono accordarsi sui motivi d’appello ed eventualmente sulla nuova pena chiedendo al giudice di accoglierne alcuni e rinunciando agli altri. Il giudice può recepire l’accordo o respingerlo disponendo che il processo prosegua. Il concordato è però escluso per i reati di particolare gravità (mafia, terrorismo, delitti sessuali ecc.) e se si procede contro un delinquente abituale, professionale o per tendenza.

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