“Nel 2016 il totale dei premi pagati alle compagnie assicurative stabilite in Italia è diminuito dell’8,7% rispetto all’anno precedente, da 147 a 134 mld”.

Lo ha detto il presidente dell’Ivass, Salvatore Rossi, presentando la relazione sull’attivita’ svolta nel 2016, sottolineando come “si tratta di un calo forte”  che spinge “a chiederci subito se esso sia diffuso fra tutti i rami d’attività delle compagnie, o sia concentrato; se sia dipeso dai prezzi unitari o dalle quantità. La risposta alla prima domanda è immediata: a soffrire di più è stato il comparto “vita”, in cui il valore dei premi è diminuito dell’11 per cento, dopo tre anni di continua crescita; il comparto “auto” ha subìto una diminuzione più contenuta, del 3,1 per cento, che si inscrive però in una tendenza alla discesa in atto da un quinquennio; è invece finalmente salito – a un passo che non si rilevava dal 2008 – il comparto danni non auto, del 3 per cento”.

L’incidenza sul totale dei premi pagati l’anno scorso è stata pari al 76 per cento per il comparto vita e al 12 per cento per gli altri due. Cinque anni fa le quote percentuali erano, rispettivamente, 67, 19 e 14.

Quindi l’arretramento del “vita” nel 2016 ne ha limitato ma non piegato il primato, che si è comunque accresciuto in questo quinquennio. Continua a scendere, e molto, la quota nel comparto auto. La riduzione dei premi nel comparto vita lo scorso anno si è concentrata sulle polizze più “finanziarie”, quelle (ramo III) che ne avevano trascinato il progresso negli anni precedenti e che sono legate agli andamenti dei mercati: la riduzione ha quasi raggiunto il 25 per cento rispetto al 2015. Ma i premi delle polizze a forte componente finanziaria hanno ripreso a crescere impetuosamente agli inizi di quest’anno, di nuovo a scapito delle polizze vita tradizionali. Continua – secondo Rossi – lo snaturamento della funzione più propriamente assicurativa delle polizze vita.

Nella RC auto il risultato moderatamente negativo nei premi incassati è dipeso innanzitutto dai prezzi. Cinque anni consecutivi di riduzione del prezzo medio hanno portato quest’ultimo, nel quarto trimestre del 2016, a 420 euro per un’automobile a uso privato. Nel confronto internazionale il premio medio per l’assicurazione obbligatoria (al netto di tasse e contributi) è stato in Italia ancora superiore nel 2016 di 140 euro a quello dei tre altri grandi paesi europei (Francia, Germania e Spagna). Ma il divario si è ristretto rispetto agli oltre 260 euro del 2011 e ai quasi 190 dello scorso anno.

C’è ancora molta variabilità da zona a zona: a Napoli il prezzo medio alla fine del 2016 era di circa 630 euro, ad Aosta di 300. Il divario all’interno del paese si è tuttavia ridotto anch’esso, di un terzo nei tre anni di vita di IPER. Riduzione della circolazione dovuta alla crisi economica e più efficace lotta alle frodi, anche grazie alla tecnologia, spiegano in larga parte entrambi i risultati. La prima si è tradotta in riduzione dei sinistri e quindi ha spinto le imprese a contenere i prezzi. La ripresa economica, ormai da tempo in atto pur se a ritmi modesti, fa aumentare di nuovo circolazione e sinistri, quindi i prezzi.

Ivass si attende un ulteriore effetto calmieratore dalla lotta alle frodi, grazie alla diffusione delle “scatole nere” (ormai installate su un quinto dei veicoli circolanti) e all’entrata in vigore a metà del 2016 dell’Archivio Integrato Antifrode. Nel corso del prossimo anno sarà operativa una nuova versione dell’Archivio, migliorata e potenziata.

Il comparto degli altri danni, diversi da quelli connessi con la RC auto, sta forse decollando. La ragione è sia di mercato sia tecnologica. La concorrenza tra imprese comincia a spostarsi dal prezzo di una polizza alle prestazioni assicurative e ai servizi accessori. La tecnologia sospinge dispositivi come rilevatori di fughe di gas, di allagamento, di intrusione; sensori per la rilevazione dello stile di guida; programmi volti a promuovere il benessere psico-fisico individuale e altre forme di prevenzione.

Le coperture per la responsabilità civile medica rappresentano un mercato già di oltre 600 milioni di euro, ma lo scorso anno le compagnie nazionali vi si sono affacciate poco: le polizze con gli ospedali pubblici, che sono oltre metà di questo mercato, sono stipulate quasi tutte da pochi operatori esteri (inglesi con casa madre negli USA), operanti in Italia in regime di stabilimento. Le imprese italiane lamentano difficoltà a quantificare il rischio, incertezza legislativa, bassa profittabilità. Ne è nata una nuova legge sulla sicurezza delle cure e della responsabilità professionale del personale sanitario, che ha introdotto importanti avanzamenti.

Gli investimenti all’attivo dei bilanci delle compagnie hanno fruttato nel 2016, al netto dei relativi oneri, oltre 19 mld, per un Roi pari al 3,3% (3,4% nel 2015).

Gli investimenti delle compagnie italiane – in complesso oltre 810 miliardi a valori di mercato – rimangono fortemente concentrati nei titoli governativi: circa 360 miliardi, pari al 44 per cento del totale. I titoli italiani ne rappresentano la parte preponderante. Questa concentrazione espone le nostre compagnie, più di quelle di altri paesi europei, al rischio di repentini innalzamenti dei tassi d’interesse sui titoli posseduti, con conseguente abbattimento del loro valore di mercato.

Nel 2016 i costi operativi delle imprese, connessi con l’acquisizione dei contratti e con la gestione delle imprese stesse, non sono granché variati rispetto al 2015. L’altra fonte di costi per le compagnie è il pagamento delle prestazioni promesse nelle polizze. Questi costi sono invece diminuiti in valore assoluto, circa quanto i premi, sicché il rapporto è rimasto anch’esso quasi stazionario nel 2016. Per effetto della quasi parallela diminuzione di ricavi da premi e costi da prestazioni, soprattutto nel comparto vita, e in un contesto di sostanziale stabilità dei proventi finanziari netti e dei costi di gestione, le compagnie italiane hanno fatto nel 2016 utili quasi stazionari rispetto al 2015, poco meno di 6 miliardi, con un rendimento del capitale dell’8,6 per cento.

Nel confronto internazionale, sulla base dei dati dell’OCSE fermi al 2015, le compagnie italiane sono più profittevoli di quelle francesi e tedesche. “Questo dipende dalle scelte più prudenti delle nostre compagnie nel prendere impegni con gli assicurati, ma anche dalla concentrazione dei loro investimenti nei titoli pubblici italiani, più redditizi perché giudicati più rischiosi dai mercati finanziari. Una concentrazione su cui abbiamo richiamato l‘attenzione delle compagnie”.

Per quanto riguarda la solvibilità, il capitale delle singole compagnie, misurato con Solvency II, è generalmente molto superiore ai minimi regolamentari: di 2,2 volte alla fine del 2016, seppure meno delle 2,35 volte di un anno prima. La riduzione consegue sostanzialmente a quella dei corsi di mercato dei titoli di Stato italiani, dato il principio del valore di mercato sottostante al calcolo dell’indice di solvibilità in Solvency II.