Pagine a cura di Bruno Fioretti

Per ogni 100 euro di prestazioni previdenziali il Trentino Alto Adige ne versa 106, ed è l’unica regione italiana in positivo. Ci sono poi la Lombardia con 97 euro e il Veneto con 95 euro. Il Lazio, unica realtà del Centro è a quota 87 euro. Il tasso di copertura, cioè la percentuale dei contributi versati da ogni singola regione a copertura delle uscite per prestazioni, scende via via fino a raggiungere il 47% in Molise, il 45% in Sicilia e il 36% in Calabria. A livello nazionale per ogni 100 euro di prestazioni le contribuzioni passano dagli 84 euro medi incassati nel triennio 1980-1982 ai 72,83 euro medi nel triennio 2001-2003, per arrivare ai 76,19 del 2015. È quanto mette a fuoco, fra le altre cose, il recente Rapporto n. 6/2017 sulla regionalizzazione del bilancio previdenziale del Centro studi di Itinerari previdenziali. L’analisi mette a disposizione una serie di dati indispensabili per la corretta comprensione del tema «pensioni e assistenza», studiati non solo a livello nazionale ma scomposti per singola regione.

L’andamento nel breve periodo. Il saldo tra entrate (134,823 miliardi di euro) e uscite (176,947 miliardi di euro) per il 2015 presenta un disavanzo complessivo per l’Istituto di previdenza pari a 42,124 miliardi. Di questo, il Sud assorbe il 49,89% del deficit (21 mld) contro il 18,86% del Centro (7,9 mld) e il 31,25% del Nord (13,16 mld). Il Trentino è l’unica regione con un attivo di bilancio (+ 200 milioni). Mentre le regioni che presentano deficit pesanti sono Piemonte, Sicilia, Puglia, Campania, Toscana, Calabria e Liguria. Calcolando il saldo pro-capite, in rapporto alla popolazione lo Stato, per il solo sistema pensionistico, trasferisce ad ogni abitante del Sud oltre 1.000 euro l’anno contro i 658 del Centro e i 474 del Nord. La mancata copertura con i contributi versati della spesa pensionistica, tuttavia, non è una storia recente.

L’andamento nel lungo periodo: dal 1980 al 2015. Andando indietro nel tempo, negli ultimi 36 anni sia la distribuzione percentuale delle entrate e uscite a livello regionale sia l’incidenza delle stesse sul prodotto interno lordo evidenziano una situazione di lieve riequilibrio Nord-Sud ma con variazioni di non rilevante entità e con una prevalenza delle uscite rispetto alle entrate.

Per quanto riguarda le entrate complessive in moneta corrente, queste sono passate dai 16,2 miliardi di euro del 1980 ai 134,82 miliardi di euro del 2015, registrando tassi di incremento variabili ma comunque piuttosto in linea con l’andamento del pil e la cui incidenza è rimasta stabile all’8,24%.

La distribuzione territoriale delle entrate evidenzia un lieve recupero delle regioni meridionali, dato rilevante se si pensa che fino alla totale eliminazione delle agevolazioni contributive (tra il 1996 e il 2001) si conteggiavano come entrate anche quelle relative agli «sgravi contributivi» totali per il Sud (contributi in realtà mai versati) che sono quantificabili in circa un punto di pil.

Per quanto riguarda, invece, le uscite per prestazioni in moneta corrente, sono passate da 17,9 miliardi di euro del 1980 a 176,948 miliardi del 2015, evidenziando variazioni percentuali decrescenti nel tempo ma superiori al tasso di incremento delle entrate.

In rapporto al pil si è passati dall’8,40% del 1980 al 10,77% del 2015, soprattutto a causa della crisi finanziaria che ha prodotto una riduzione sostenuta del denominatore pur in presenza di una crescita della spesa contenuta grazie alle due più importanti riforme del sistema (Amato e Dini).

La differenza regionale. A livello di macro aree le variazioni percentuali nei 36 anni sono state minime. A inizio periodo le uscite per prestazioni a favore del Nord erano pari al 54,12% a fronte di contribuzioni pari al 64,12% del totale; le prestazioni per le regioni del Centro pesavano per il 18,22% sul totale (19,15% le contribuzioni) mentre il Sud assorbiva il 26,89% del totale prestazioni (15,47% le contribuzioni). Pur con qualche variazione, nel 2015 il Nord pesa per il 55,86%, il Centro per il 19,74% e il Sud per il 24,40%, indicando così un aumento di poco più di 1 punto percentuale per il Nord e il Centro e una riduzione di 2 punti per il Sud (si vedano tabelle in pagina).

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