di Paola Valentini
Nel 2016 la ricchezza lorda delle famiglie italiane è cresciuta ancora, mettendo a segno un incremento dello 0,8% rispetto a fine 2015. L’aumento, spiega la Banca d’Italia nella relazione annuale, è la conseguenza di un maggior flusso di risparmio, dato che i prezzi delle attività reali si sono stabilizzati nel corso dell’anno, a fronte di un calo di quelli della componente finanziaria perché le attività in portafoglio (azioni, bond, fondi e polizze) hanno sofferto per via del non brillante andamento dei mercati. In tale contesto gli italiani hanno messo da parte di più grazie all’aumento del reddito disponibile consentito dalla ripresa dell’occupazione. Questa voce ha messo a segno un +1,6% in termini reali, rafforzando il recupero in atto dalla primavera 2013 (+3% cumulato). Il reddito disponibile rimane tuttavia inferiore dell’8,1% rispetto al 2007, spiega Bankitalia sottolineando che il numero di persone in condizioni di disagio economico è rimasto sui massimi e l’incidenza della povertà assoluta si è mantenuta su valori elevati. Le famiglie dunque provano a risalire la china e quelle che possono continuano ad aumentare consumi (nel 2016 la spesa delle famiglie è cresciuta dell’1,3% proseguendo la ripresa in atto dall’estate 2013) e accantonamenti.

La propensione al risparmio si è infatti stabilizzata, pur se rimane ben sotto i livelli medi dello scorso decennio. Le statistiche Eurostat riportate nella relazione indicano che nel 2016 la propensione al risparmio, al netto della variazione delle riserve dei fondi pensione, è lievemente aumentata (all’8,3% dall’8% del 2015), interrompendo il calo registrato l’anno precedente, ma resta su valori bassi nel confronto storico e rispetto alla media dell’area euro (12%). Non è un mistero d’altronde che l’Italia ha faticato di più di altri Paesi europei a uscire dalla crisi post-2008 anche per via di misure di austerity che hanno depresso la già zoppicante economia tricolore.

Intanto nel 2016 si è consolidata la ripresa della componente immobiliare dopo una lunga crisi. Gli investimenti fissi lordi a valori correnti delle famiglie consumatrici, che comprendono le spese per l’acquisto di abitazioni e per la manutenzione straordinaria, sono saliti per il secondo anno consecutivo (+3,7%). «Mentre la flessione delle compravendite tra il 2007 e il 2013 è stata pressoché generale, la ripresa è per il momento selettiva, risultando più sostenuta nelle regioni del Nord e per le abitazioni di maggiore superficie», sottolinea la relazione. Le note più positive arrivano soprattutto dai prezzi. «Sulla base dei dati dell’Istat, tra il 2012 e il 2015 la ricchezza detenuta dalle famiglie consumatrici sotto forma di attività reali, che consiste quasi esclusivamente di abitazioni, si è ridotta di quasi il 6% in termini nominali; secondo nostre stime, nel corso del 2016 sarebbe tornata a crescere lievemente, grazie all’aumento dello stock di abitazioni e ai primi segnali di recupero delle quotazioni». Bankitalia osserva infatti che «la prolungata flessione dei prezzi delle case si è arrestata nella prima metà dell’anno; è seguito un lieve rialzo nel secondo semestre (+0,5% in ragione d’anno), il primo dalla fine del 2011».

Quanto alla ricchezza finanziaria delle famiglie, è passata dai 4.117 miliardi di fine 2015 ai 4.168 miliardi di fine 2016. I nuovi investimenti in attività finanziarie sono stati pari a 33 miliardi, a fronte di maggiori passività per 13 miliardi. Il flusso positivo degli acquisti è stato bilanciato soprattutto dalla riduzione del valore dei titoli azionari. Nel 2016 le famiglie hanno continuato a investire in strumenti liquidi e del risparmio gestito a fronte di sostenuti disinvestimenti di titoli azionari e obbligazioni bancarie. L’incidenza di queste ultime sul totale delle attività finanziarie, pari al 3,3%, è fortemente diminuita anche a causa di una riduzione dell’offerta da parte delle banche. Sono rallentati i disinvestimenti in titoli di Stato; il loro peso sul totale delle attività finanziarie, che era sceso di quasi un punto percentuale nel 2015 dopo l’avvio del programma di acquisti della Bce, è rimasto sostanzialmente stabile al 3,1%. In totale i titoli obbligazionari hanno avuto fuoriuscite per 62 miliardi dai 111 del 2015 e i disinvestimenti maggiori hanno colpito i bond bancari (-47 miliardi).

I depositi e il circolante hanno raggiunto il 31,9% e i flussi nei soli depositi bancari sono stati 11,7 miliardi (13,2 nel 2015), mentre i fondi comuni e previdenziali e le polizze assicurative sono aumentati al 34,4% dal 32,7% del 2015 grazie ai forti flussi su polizze e prodotti pensionistici (44 miliardi dai 48 del 2015) ed è risultata in frenata la raccolta dei fondi comuni (da 41,7 a 14,5 miliardi). Fondi e polizze mostrano valori elevati nel confronto con il passato (nel 2004 pesavano rispettivamente per il 24,7 e il 27,8%), ma inferiori a quelli della media dell’area dell’euro (rispettivamente 33,4 e 43%). In rosso le azioni (-24 miliardi dal saldo positivo di 23,5 miliardi del 2015). La diversificazione dei portafogli si è riflessa in un aumento degli investimenti all’estero sia attraverso la sottoscrizione di fondi comuni esteri sia per effetto delle politiche di investimento dei gestori italiani. In questo contesto è necessaria una maggiore educazione finanziaria. «Le scelte di investimento e risparmio in strumenti e servizi finanziari complessi richiedono che gli investitori siano in grado di valutare opportunità e rischi e siano informati sul funzionamento dei mercati e sugli sviluppi normativi; le rilevazioni disponibili suggeriscono che ciò non sempre avviene», conclude Banca d’Italia. (riproduzione riservata)
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