Anche se l’applicazione della normativa europea Mifid 2 sul mercato degli intermediari finanziari è stata rinviata al gennaio 2018, il suo impatto sull’industria del risparmio gestito è talmente profondo da obbligare tutti i protagonisti ad aggiornare in fretta le proprie organizzazioni per non risultare spiazzati. In particolare, i sistemi di controllo degli intermediari finanziari sono già sottoposti a una profonda rivisitazione. Proprio questo è il tema del terzo incontro del ciclo Siete pronti per la Mifid2?, promosso da MF/Milano Finanza in collaborazione con Assoreti, svoltosi ieri a Milano. Convegno che si è aperto con una provocazione: «Attenzione, rischiamo di morire di troppa salute», ha detto Mario Comana, ordinario di Economia degli intermediari finanziari all’Università Luiss di Roma, «il regolatore è forse troppo preoccupato di controllare i rischi che si dimentica che il cliente non può essere protetto al 100% dal rischio. Il rischio è il vero business e l’eccessiva tutela manda a zero l’attenzione dell’investitore».

Proprio il rapporto tra modello di business e sistema di controllo è stato il leit motiv del convegno. Flavio Bongiovanni, responsabile dell’ufficio intermediari rete e consulenti finanziari della Consob, ha illustrato le best practice che le società dovranno seguire nei controlli sulle loro reti di consulenti fuori sede alla luce della Comunicazione che la Consob ha rilasciato lo scorso febbraio, sia per i controlli di primo livello, quelli di linea (effettuati dalle stesse strutture operative, ovvero dai manager sui loro promotori) sia per le due funzioni aziendali di secondo e terzo livello, ovvero Compliance e Audit interno, che vanno calibrate attentamente. «La Commissione è stata attenta a distinguere le varie realtà dimensionali del mondo degli intermediari finanziari, perché una portaerei è diversa da un motoscafo», ha detto Bongiovanni, il quale ha sottolineato come, dalle risposte ottenute da un questionario distribuito alle società, fosse emerso che in molti casi i sistemi di controllo non coprivano neppure gli 11 principali profili di rischio presenti nel business.

I 160 professionisti, dirigenti e consulenti presenti in sala hanno poi ascoltato l’esperienza diretta dei responsabili della vigilanza interna di tre delle maggiori reti di consulenti finanziari: Fideuram-Intesa Sanpaolo , con Laura Piatti (chief compliance officer), Banca Generali, nella persona di Cristina Rustignoli (direttore responsabile dell’area Governance) e Unicredit , rappresentata da Rodolfo Zingariello (head of Advisory-Compliance). Secondo Piatti la Mifid2 porterà nuovi elementi di complessità ma anche opportunità di sviluppo del business, precisando che la costruzione del sistema di controllo interno di una realtà da 4.800 intermediari richiede molti anni, e sottolineando come il presidio più importante resta il controllo di primo livello, quello che deve mitigare il rischio di condotta.

La Rustignoli ha introdotto l’uso dei big data nel controllo della rete di promotori come elemento che aiuta chi controlla e i manager territoriali ad avere un cruscotto sempre aggiornato sul profilo di rischio di ogni singolo consulente finanziario. L’intervento di Zingariello, invece, si è incentrato sul ruolo della compliance al momento dell’originazione dei prodotti, la cosiddetta product governance, assoluta novità della Mifid2.

A concludere è stato Ferdinando Parente, fondatore di Parente&Partners e già a capo della Vigilanza della sede di Milano di Banca d’Italia, «Da un modello di conformità ci stiamo muovendo sempre più verso un modello di gestione del rischio», ha detto Parente, che ha insistito anche sul rapporto tra le varie funzioni interne di controllo alle società e la necessità di dati per il controllo e il confronto tra realtà di pari grado. «Ma sia chiaro: sulle regole di condotta e di conformità non ci può essere trattativa o allentamento», ha concluso Parente, sostenendo però che «la diffidenza verso le banche rete e i promotori finanziari è il retaggio di un passato che è diventato marginale, come dimostrano i dati rilasciati dalla Consob sui provvedimenti disciplinari sui promotori finanziari dello scorso anno. Sono le percentuali da prefisso telefonico». (riproduzione riservata)
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