di Anna Messia
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Ad aprire la breccia, a giugno di due anni fa, è stata l’americana Jc Flowers. Prima che l’istituto di controllo assicurativo, l’Ivass, si convincesse che un fondo di private equity, seppur importante ed esperto del settore finanziario, potesse avere i requisiti necessari per prendere il controllo di una compagnia assicurativa italiana per la prima volta nella storia ci sono voluti lunghi mesi di scambio di dati e informazione. Alla fine però Jc Flowers, forte di investimenti mondiali complessivi di 14 miliardi di dollari, tra cui in Italia spuntava già l’investment bank Equita sim (ceduta a inizio anno ad Alessandro Profumo), è riuscita a diventare proprietaria di poco meno dell’80% di Eurovita, compagnia Vita specializzata nella bancassicurazione, con 3,5 miliardi di riserve. Da allora i fondi di private equity interessati alle polizze italiane hanno preso a moltiplicarsi. Un anno dopo il debutto di JcFlowers, è arrivato Apollo, un altro colosso americano con addirittura 160 miliardi di dollari di asset in gestione di cui 41 miliardi di private equity, che è stato pronto a sborsare 310 milioni per rilevare le compagnie assicurative, Vita e Danni, messe in vendita da Carige (ribattezzate Amissima). Mentre solo qualche settimana fa si è chiusa anche un’altra operazione che ha visto protagonista Cinven, un fondo inglese con 11,5 miliardi di asset in gestione, che non comprava in Italia dal 2009, da quando aveva acquistato Avio, società leader nel settore aerospaziale. Questa volta l’attenzione del fondo, che in Italia risponde a Eugenio Preve, sembra tutta focalizzata sul settore assicurativo. Appena chiuso l’acquisto di Ergo Previdenza e di Ergo Assicurazioni, rilevando più di 5 miliardi di euro di riserve e chiamando alla presidenza Davide Croff, la società si è già seduta a nuovi tavoli per l’acquisto di altre compagnie assicurative, in particolare per Skandia Italia, messa in vendita da Old Mutual. A fianco, in competizione, si ritrova altri fondi di private equity che, in questa fase di mercato, sembrano i protagonisti assoluti del riassetto assicurativo italiano. Non solo gli altri due, Jc Flowers e Apollo, che in Italia hanno già comprato polizze e che guardano a nuovi dossier per crescere ancora. A studiare l’operazione Skandia, che nelle prossime settimane arriverà alla fase di due diligence, è anche un altro colosso del calibro di Blackstone, che con l’operazione Skandia, che vale più di 6 miliardi di riserve, farebbe il gran debutto nel settore assicurativo italiano. Non solo. In piedi c’è anche la trattativa per le compagnie del gruppo Nuova Etruria (Bap Vita e Bap Assicurazioni) che la banca potrebbe valutare di cedere separatamente. La partita sta entrando nel vivo e, ancora una volta, a rubare la scena, sarebbero i fondi di private equity. Come mai tanto interesse per le polizze italiane? «La risposta l’ha data il presidente dell’Ivass, Salvatore Rossi, nella sua recente relazione annuale dell’istituto da cui emerge che le assicurazioni italiane, grazie anche alle plusvalenze sui Btp, hanno un’alta redditività, con un roe medio 2015 del 10% per il comparto Vita e del 7% del Danni, decisamente più alto di quelle francesi o tedesche e pure del sistema bancario, che lo scorso anno ha superato appena il 3%», dice Stefano Carlino, partner della società di consulenza Exton Consulting.
A questo si aggiunge il fatto che il mercato assicurativo Vita italiano è il quarto per dimensioni in Europa, con circa 530 miliardi di riserve lorde, e uno dei mercati a più rapido sviluppo in Europa, con un tasso di crescita circa del 28% su base annua nel corso degli ultimi due anni. Non solo. «Le imprese italiane, in particolare quelle Vita, hanno mostrato un indice di Solvency II più alto del precedente Solvency I e questo ha liberato capitale», aggiunge Carlino, sottolineando però che allo stesso tempo «è aumentata la volatilità degli indici che potrebbe abbassarsi considerevolmente con la ripresa dei tassi» e ridurre quindi per il futuro le alte cedole che i fondi di private equity si attendono dai loro investimenti.
Fare un bilancio degli investimenti realizzati in Italia finora dai private equity sulle polizze italiane è ancora prematuro, anche se c’è chi ha già iniziato a ottenere buoni ritorni. Jc Flowers, che per il 79% di Eurovita ha pagato 47 milioni, in due anni ha già incassato poco meno di 17 milioni di dividendi della compagnia guidata da Andrea Battista. Apollo dovrà probabilmente pazientare un po’ di più. L’azionista è stato di recente chiamato a un aumento di capitale di 52 milioni su Amissima Assicurazioni e il pagamento delle cedole per il gruppo è previsto a partire dall’anno prossimo. Proprio mentre, nei giorni scorsi, i nuovi vertici di Banca Carige hanno chiesto di rinegoziare gli accordi con il fondo, considerati troppo onerosi, decidendo di citare in giudizio gli ex amministratori per aver firmato un contratto penalizzante. (riproduzione riservata)
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