di Paola Valentini
Nel 2015 la propensione al risparmio degli italiani è rimasta sui minimi in quanto l’aumento del reddito disponibile si è tradotto in una ripresa dei consumi. Ma la ricchezza finanziaria è aumentata del 2,2% superando quota 4 mila miliardi di euro (4.117 miliardi per l’esattezza) grazie alla rivalutazione delle attività in portafoglio (azioni, bond, fondi e polizze) che hanno beneficiato dell’andamento positivo dei mercati. Le statistiche dell’Eurostat, riportate nella relazione annuale della Banca d’Italia sul 2015, indicano che la propensione al risparmio è stabile attorno al 7,8% e dal 2009 si attesta costantemente al di sotto della media dell’area dell’euro, mentre nel decennio precedente era sopra. Non è un mistero d’altronde che l’Italia ha faticato di più di altri Paesi europei a uscire dalla crisi post-2008 anche per via di una serie di misure di austerity che hanno depresso la già zoppicante economia tricolore.

Intanto però si confermano i segnali positivi sul fronte dei consumi. «L’espansione dei consumi privati avviatasi a metà 2013 è proseguita lo scorso anno e si è estesa a tutte le principali voci di spesa», spiega la relazione della Banca d’Italia. «Per la prima volta dal 2008 è tornato a crescere il potere d’acquisto delle famiglie, che ha beneficiato del miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro e delle misure fiscali di sostegno ai redditi varate dal governo nel 2014 e successivamente rese permanenti». Ma le famiglie italiane non hanno aprofittato di questa ripresa per risparmiare di più. Dall’analisi di Via Nazionale emerge infatti che «l’ancora debole ripresa dei redditi non si è sinora accompagnata, a differenza di precedenti fasi cicliche, a un incremento della propensione al risparmio, che rimane su livelli storicamente bassi».
La buona notizia è che lo scorso anno la ricchezza totale delle famiglie è aumentata ancora (+1,2%), sostenuta, come accennato, dalla componente finanziaria. Ma la novità del 2015 è stata la ripartenza della ricchezza immobiliare, tornata a crescere dopo anni di crisiriflettendo un aumento dello stock di abitazioni e la stabilizzazione nella seconda metà dell’anno dei loro prezzi dopo la forte contrazione nell’anno precedente. «In termini reali le quotazioni immobiliari hanno raggiunto un valore massimo a fine 2007 per poi ridursi di circa un quarto, stabilizzandosi dagli inizi dello scorso anno su livelli prossimi a quelli del 2001», osserva ancora la relazione di Banca d’Italia. A questo proposito, Banca d’Italia osserva che si è rafforzata l’espansione delle compravendite di immobili, già avviata nel 2014, anche per il miglioramento delle condizioni di finanziamento.

Quanto alla ricchezza finanziaria delle famiglie, in termini pro-capite è tornata al livello del 2007. In quell’anno era nettamente superiore a quella dell’area dell’euro, mentre a fine 2015 la differenza si è pressoché annullata. Ciò perché negli altri Paesi (Francia, Germania e Spagna) la ricchezza pro-capite è sempre cresciuta negli anni di recessione post-2008, mentre nel frattempo in Italia è scesa costantemente per raggiungere un minimo nel 2011, proprio all’apice della crisi dello spread. Oggi la ricchezza pro-capite degli italiani è di circa 70 mila euro, al pari della Germania (che nel 2008 era a quota 50 mila euro) e poco sotto la Francia (75 mila euro a fronte dei 55 mila del 2008), mentre in Spagna si attesta sui 45 mila euro, 10 mila in più del 2008. I motivi? In Italia si è registrato un maggior calo del valore delle attività finanziarie, protrattosi fino al 2011 per la crisi del debito sovrano, ma c’è stato anche un livello molto contenuto di nuovi investimenti, per via della maggiore contrazione della propensione al risparmio e della più debole dinamica del reddito. Quanto alle movimentazioni, gli acquisti di attività finanziarie da parte delle famiglie, al netto delle vendite, sono stati nel 2015 pari a 24 miliardi, circa un terzo di quelli del 2007.

Le scelte di investimento continuano a essere influenzate dalla ricerca di combinazioni tra rischi e rendimenti più efficienti in risposta al basso livello dei tassi. È proseguita la sostituzione di titoli pubblici e di obbligazioni bancarie con strumenti di risparmio gestito (fondi comuni e polizze), la cui incidenza nel portafoglio delle famiglie ha superato quella delle attività liquide (depositi e circolante), come nel periodo precedente il 2007. Inoltre i flussi su azioni e partecipazioni di società italiane sono risultati positivi per 14,9 miliardi, mentre nel 2014 il saldo era negativo per un ammontare simile (-14,8 miliardi). (riproduzione riservata)
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