In Italia la previdenza integrativa è ancora poco sviluppata, ma il trend potrebbe cambiare significativamente: le persone sono più consapevoli della necessità di costruire una pensione privata, la crescita dei principali operatori della previdenza complementare è stata negli ultimi anni  significativa e gli operatori del settore (fondi pensione) avvertono la necessità di ristrutturare i loro sistemi di gestione e governance.

E’ quanto emerge da uno studio della società di consulenza Excellence Consulting, che propone due soluzioni per rilanciare ulteriormente la previdenza complementare: una nuova generazione di prodotti sviluppata a partire dalle best practice internazionali dei paesi più evoluti nell’ambito previdenziale e che potrebbe beneficiare anche di una maggiore detassazione da parte dello Stato – ipotesi di recente non esclusa per il futuro anche dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan – e realizzazione di una nuova generazione di strumenti di tipo Prevtech capaci di aiutare il cliente a comprendere meglio esigenze e soluzioni.

Malgrado dal 2007 i lavoratori possano spostare il Tfr nei fondi pensione integrativi, nel 2013 solo il 16% della popolazione in età lavorativa lo ha fatto, preferendo lasciare il TFR in aziende con gestioni di tesoreria non sempre strutturate e continuando a confidare sulla pensione pubblica per il mantenimento del tenore di vita in terza età.

In Italia, le pensioni pubbliche hanno sempre assorbito una quota rilevante del PIL e assicurato trattamenti adeguati ma la situazione nel futuro cambierà e l’esigenza di prestare attenzione alla pianificazione del trattamento previdenziale diventerà sempre più cogente per gli italiani.

In Italia, la spesa per le pensioni pubbliche ha assorbito il 15.7% del Pil in media durante il periodo 2010-2015, il secondo valore più elevato tra i paesi Ocse, tuttavia con l’ultima riforma del sistema previdenziale, che prevede condizioni meno favorevoli del passato sia di accesso si di entità del trattamento pensionistico, sarà possibile ridurre al 2060 la spesa pubblica per pensioni di circa 2 punti di Pil. 
 La riforma ha previsto inoltre l’eliminazione della pensione integrata al minimo lasciando unicamente una prestazione assistenziale di valore relativamente basso: gli individui senza contributi riceveranno il 19% del salario medio rispetto alla media del 22% dei paesi Ocse.
 Da ultimo le interruzioni temporanee dal lavoro o il ritardato ingresso nel mondo del lavoro avranno un effetto moltiplicatore negativo, rendendo le pensioni di domani ancora più basse.

“A causa della persistente situazione di crisi di crescita, in Italia una proporzione crescente di lavoratori – sostiene Maurizio Primanni, CEO di Excellence Consulting –  andrà probabilmente incontro a periodi di disoccupazione, soprattutto nelle prime fasi di impiego, o di lavoro part-time o precario, durante la vita lavorativa. Tali interruzioni contributive avranno un effetto marcato sulle pensioni del futuro, contribuendo all’aumento della povertà in terza età. E’ stato calcolato che nel caso di lavoratori a basso reddito, la decurtazione della pensione sarà del 10%, nel caso di un ingresso sul mercato del lavoro ritardato di cinque anni, rispetto al 3% in media nei paesi dell’Ocse. Perdite simili si riporteranno anche per le interruzioni legate alla cura dei figli e alla disoccupazione. E’ necessario quindi che risparmiatori e operatori del settore sappiano cambiare passo, è necessario che anche in Italia si diffondano servizi di consulenza previdenziale di eccellenza”.

Il mercato della previdenza complementare rispetto al Pil vale il 96% nel Regno Unito, l’84,60% negli Stati Uniti e il 74,70% in Canada. In Italia solamente il 6,60%. La percentuale di partecipazione delle persone alla previdenza complementare riguarda il 43% dei soggetti nel Regno Unito, il 47% negli Stati Uniti e il 50% in Canada, in Italia  il 15%.

In Italia dal 2010 al 2015 seppur in modo non significativo, tuttavia crescono le persone iscritte alla previdenza complementare, gli iscritti ai Fondi Pensione Negoziali passano dal 2% del 2010 ai 2,47% del 2015, quelli ai Fondi Pensione Aperti dallo 0,85% all’1,15%, quelli ai Piani Individuali Pensionistici dall’1,16% al 2,6%, le altre forme variano dall’1,29% allo 0,88%.

L’evoluzione dei canali distributivi dei PIP (Piani Individuali Pensionistici) e degli FPA  (Fondi Pensione Aperti) vede un aumento degli agenti che dal 2011 al 2015 passano dal 42% al 54% per quanto riguarda i PIP e dal 21 al 30% i FPA. I promotori crescono rispetto agli FPA dal 14 al 22%, ma calano per quanto riguarda i PIP dal 14 al 9%.  In diminuzione il canale banca/posta sia circa gli FPA, dal 65% al 48%, che i PIP, dal 44 al 37%.

I consulenti finanziari adotteranno un modello di consulenza anche relativamente agli aspetti previdenziali della clientela. Il consulente dovrà sensibilizzare i propri clienti nei confronti del tema previdenziale e far emergere il bisogno di una copertura del gap.

“La necessità di costruirsi una pensione privata – sottolinea Maurizio Primanni, CEO di Excellence Consulting – sarà verosimilmente rilanciata dall’iniziativa della Commissione Europea riguardante i PEEP, ovvero i Pan European Personal Pensions (piani di pensione individuali pan-europei) che, secondo l’Action Plan on building on Capital Market Union, dovrebbero introdurre nei paesi dell’unione un “terzo pilastro” previdenziale volto a coprire il gap che ancora caratterizza molte nazioni, tra cui l’Italia”.

Detassazione dei prodotti da parte dello Stato e utilizzo della tecnologia da parte degli operatori sono la proposta di Excellence Consulting per rilanciare la consulenza previdenziale. “Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan – prosegue Maurizio Primanni – non ha escluso che si arrivi a una detassazione dei fondi pensioni. Sarebbe un bellissimo passo per riallineare l’Italia al contesto dei paesi con sistemi previdenziali più evoluti. Si guardi al modello anglosassone. Nel Regno Unito i contributi sono esenti, le plusvalenze quasi sempre esenti, la tassazione differita e si possono dedurre fino a 20.000 sterline annualmente. Anche negli Stati Uniti il sistema di detassazione è esteso e riguarda tutte le tipologie di prodotti previdenziali: Social Security, 401 K e altri fondi, IRA (Grafico 5)”.

Altro strumento fondamentale per lo sviluppo della previdenza integrativa in Italia sarà un migliore utilizzo della leva tecnologica da parte degli operatori del settore. “Se si confrontano le esperienze estere con quelle italiane – continua Maurizio Primanni – è evidente l’approccio commerciale indifferenziato in Italia rispetto all’estero, allo stesso modo la gamma dei prodotti è indifferenziata in Italia, come insufficienti sono i supporti strumentali digitali per erogare ai clienti in ambito previdenziale una consulenza di qualità. L’approccio di marketing efficace deve basarsi su un efficiente modello di consulenza basato sulla tecnologia che renda il cliente oggettivamente informato e consapevole. Un’analisi da noi condotta circa le best practise sui modelli di servizio di consulenza previdenziale circa lead generation (comunicazione, education, simulatori…), collocamento prodotti (tool di supporto ai canali) e customer service (servizi informativi e di post vendita) dimostrano che gli operatori in Italia, pur con esperienze positive, devono migliorare in termini di consapevolezza e visione sistemica di tutti gli elementi, prodotti e strumenti, che costituiscono la loro proposta di previdenza integrativa”.