La Fed teme l’incertezza, ma non aumenterà i tassi
Il governatore della Bce, Mario Draghi è detto che la Bce è pronta a qualunque eventualità sulla Brexit, l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea che si deciderà con il referendum, domani in Uk, mentre la numero uno della Federal reserve, Janet Yellen la teme.

Tuttavia, né il numero uno dell’Eurotower, né il governatore della banca centrale degli Stati Uniti hanno un’idea precisa di cosa potrebbe succedere effettivamente a livello economico e di mercati in caso di Brexit. Comunque sia, il primo è pronto ad utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione se necessario, mentre la seconda è pronta a ritardare ancora il rialzo dei tassi di interesse per non mettere troppo sotto pressione la ripresa Usa.

La Banca centrale europea si è preparata «a qualunque eventualità e abbiamo fatto tutti i preparativi necessari», ha affermato Draghi, ieri, nella consueta audizione trimestrale all’Europarlamento. Il banchiere centrale non ha voluto spingersi oltre, né si è voluto sbilanciare ipotizzando i diversi scenari possibili. «Sarebbe molto difficile», ha spiegato, «per quanto ci attiene, principalmente si tratterebbe di stabilizzare i mercati e di assicurare liquidità. Ci siamo accertati che siano disponibili e attivabili».

Il primo impatto alla chiusura delle urne, quale che sia la decisione dei britannici, sarà sul mercato dei cambi valutari, che è anche quello maggiormente osservato dalle banche centrali e legato a doppio filo con le loro misure.

Da settimane viene riportato che la Banca d’Inghilterra, assieme alla Bce e alla Fed americana hanno allestito una sorta di rete di protezione con cui contenere l’eventuale iper volatilità, che dovesse scaturire da un voto a sfavore dell’Ue. Un meccanismo che si basa sulla possibilità di effettuare immediate iniezioni di liquidità, sia in sterline, sia in dollari che in euro mediante accordi di «swap» con le due grandi consorelle.

Al di là delle Brexit, Draghi ha richiamato l’attenzione ai problemi di fondo dell’Ue. «Dobbiamo concentrarci nel rendere più forte la nostra dimora comune, l’Europa. Cittadini e mercati devono essere certi della nostra capacità di gestire le sfide comuni che fronteggiamo». E questo, ha avvertito, richiede riforme strutturali su più versanti. Ad esempio sul mercato del lavoro, dove la disoccupazione resta troppo alta. Specialmente tra i giovani. E questo può dipendere da vari fattori. «Può dipendere da alcune leggi» introdotte nei decenni passati, «ma anche da un sistema di educazione che non produce le giuste qualifiche». E poi c’è in molti stati il problema dei salari dei neo assunti, molto bassi. «In certi casi», ha detto Draghi, sono a livelli analoghi a quelli degli anni 80» del secolo scorso. Infine, in alcuni paesi a frenare lo sviluppo possono essere anche i tempi eccessivamente lunghi della giustizia.

Ma ci sono anche segnali incoraggianti. La ripresa economica dell’area euro «ha guadagnato slancio a inizio anno», ha rilevato. E «si prevede che proceda ad un ritmo moderato ma costante, sostenuta dalla domanda interna e dalle nostre misure di politica monetaria».

Ma resta appunto moderata e con l’inflazione ancora «sottotono», e destinata a restare bassa nei mesi a venire, e soprattutto con «l’incertezza elevata», la Bce ribadisce di esser «pronta a utilizzare tutti gli strumenti disponibili nel nostro armamentario, se necessario a raggiungere il nostro obiettivo» di stabilità. «Seguiremo attentamente l’evoluzione delle prospettive per la stabilità dei prezzi», ha detto Draghi. Più esplicitamente, ha ribadito che quello che potrebbe innescare un intervento della Bce è un evento, o una combinazione di fattori che dovesse provocare un «inasprimento di fatto» non voluto della politica monetaria.

Anche per Yellen gli effetti di un’eventuale Brexit sono «difficili da prevedere», ma è certo che getterebbero l’economia mondiale in «un’era di forte incertezza» e potrebbero anche avere «ripercussioni significative» anche sulla ripresa degli Stati Uniti, anche se non dovrebbe causare una recessione. La Brexit inoltre, ha aggiunto, è «solo una delle considerevoli incertezze sull’outlook economico», tra cui l’indebolimento della produttività degli Usa e il rallentamento della Cina che deve ancora affrontare «sfide considerevoli nel ribilanciare l’economia verso la domanda domestica e i consumi piuttosto che farsi guidare dalle esportazioni».

Il rialzo dei tassi di interesse della Fed sembra quindi sempre più lontano: solo in caso di vittoria del «Remain» in Gran Bretagna e di significativo rimbalzo dei non farm payroll di giugno l’argomento della normalizzazione della politica monetaria potrebbe tornare sul tavolo del Fomc.

La Federal reserve non intende ricorrere ai tassi negativi, ha detto la presidente della Fed, Yellen, durante la testimonianza semestrale davanti alla commissione Bancaria del senato, ieri, rispondendo alle domande dei senatori. La Fed, ha detto, ha «le basi legali per ricorrere ai tassi negativi», ma questa non è un’opzione che «sta attualmente prendendo in considerazione».

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