Pagine a cura di Luigi dell’Olio 

Le imprese italiane ci mettono mediamente 115 giorni nel 2014 per incassare i pagamenti dovuti. Con un leggero miglioramento previsto nel 2015 (110). Un dato quasi doppio rispetto a quanto previsto dalle normative europee e superiore a tutti gli altri grandi Paesi occidentali. A rivelarlo è uno studio di Euler Hermes (multinazionale dell’assicurazione crediti) che pone l’accento su uno dei problemi più avvertiti dalle aziende, che pone una seria zavorra sulle prospettive di ripresa economica.

Gli analisti hanno messo a confronto 11 mercati occidentali, rilevando che la situazione migliore (poco sopra i 50 giorni) si registra in Olanda, negli Stati Uniti e in Russia. Intorno ai 60 giorni si collocano la Gran Bretagna, la Polonia e la Germania, con l’Italia all’ultimo posto.

 

Situazione in miglioramento. A voler vedere il bicchiere mezzo pieno va comunque sottolineato che la situazione vedrà un piccolo miglioramento nell’anno in corso per il nostro Paese, che invece si posiziona meglio sugli altri indicatori considerati dalla ricerca. Le insolvenze fra imprese, per esempio, sono sì cresciute tra il 2003 e il 2007, ma a un ritmo del 52% che risulta inferiore rispetto a Paesi come l’Australia (+56%) e il Portogallo (+111%), fino al picco della Spagna (+498%). Un altro indicatore che lascia ben sperare è quello relativo all’andamento delle insolvenze nell’ultimo anno, che segna una contrazione del 2% nella Penisola, esattamente in linea con il dato medio internazionale. Certo negli Stati Uniti il calo è stato addirittura del 7%, ma ci sono anche diversi Paesi che se la passano peggio, come la Cina (+5%), il Brasile (+11%) e la Russia (+30%). In sostanza si può concludere che i livelli pre-crisi restano lontani, ma lo scenario è in miglioramento.

 

Le ragioni di un cauto ottimismo. «Dopo tre anni di contrazione possiamo finalmente affermare che la recessione in Italia è ormai alle spalle», spiega il capo economista di Euler Hermes, Ludovic Subran (si veda l’intervento in pagina, ndr). «La nostra previsione di crescita pari allo 0,6% nel 2015 e dell’1,1% del 2016 è ben sostenuta dai principali indicatori economici che stanno ripartendo». Entrando più in profondità nell’analisi, Subran evidenzia i cinque «astri» che dovrebbero sostenere la ripresa della Penisola:

In primo luogo l’euro debole verso il dollaro consentirà una maggiore crescita all’export. «Ci attendiamo 10 miliardi di export addizionale nel 2015, di cui 6 derivanti dall’indebolimento della moneta europea», spiega l’esperto. «Inoltre il basso costo del petrolio sosterrà i consumi (la stima è di +1,5 miliardi di euro, pari allo 0,11% del Pil, ndr), mentre tra le imprese la riduzione del costo dell’energia impatterà positivamente sui margini finanziari (+1,4%, ndr)». La terza ragione di ottimismo è legata all’attenuazione del credit crunch, che per Euler Hermes migliorerà l’accesso al credito per le famiglie e le imprese. Finora su questo fronte il miglioramento è stato molto limitato: si sono visti segnali di ripresa forte nel segmento dei mutui, sulla scia di una riscoperta di questo segmento del business da parte delle banche, ma non altrettanto si può dire per gli altri prestiti ai privati, e soprattutto per i finanziamenti alle imprese. Si tratta di un problema di non facile soluzione, considerato che da una parte gli istituti di credito non si fidano a finanziare aziende caratterizzate da una precaria salute finanziaria, dall’altra le imprese sane in molti i casi attendono ulteriori segnali di ripresa prima di tornare a investire.

Tornando all’analisi di Euler Hermes, il quarto motore della ripresa è l’Expo, che garantirà un piccolo impatto positivo per il 2015 (+0,1% del pil) e rafforzerà il brand made in Italy. Per altro il tema dell’alimentazione, scelto come pilastro della manifestazione, costituisce uno dei punti di forza dell’offerta italiana nel mondo. Infine viene segnalata la radicata cultura export, specialmente tra le micro e piccole imprese, che consentirà di ricercare nuovi sbocchi internazionali.

I motivi per sorridere finiscono qui. Infatti, se nonostante tutti questi fattori positivi il Paese è atteso a una crescita anemica, significa che vi sono freni importanti che ne impediscono l’accelerazione. «C’è ancora però molto da fare», annota Subran. «Bisogna far ripartire più intensamente tutto il manifatturiero italiano, sostenere gli investimenti per avviare un processo di modernizzazione industriale e agire sulle riforme strutturali di cui il paese necessita».

 

Appesi all’export. Con i mercati occidentali che hanno ripreso a marciare a ritmo sostenuto e l’indebolimento dell’euro che offre maggiore competitività ai prodotti del Vecchio Continente, l’export sarà quest’anno il maggiore sostegno alla crescita nazionale. I principali mercati di destinazione continuano a essere Germania, Svizzera, Francia, Usa, e Gran Bretagna, che assorbono il 75% dell’export addizionale atteso quest’anno da Euler Hermes. I principali settori che beneficeranno della crescita delle transazioni internazionali saranno la meccanica, chimica, tessile e agroalimentare. Entrando nello specifico di alcuni sotto settori con forte vocazione export, la società ha analizzato i futuri trend di cinque eccellenze italiane: per la componentistica automotive è atteso un progresso del 10% rispetto al 2014, per un ammontare complessivo delle vendite oltrefrontiera a quota 18 miliardi di euro. Oltre ai mercati maturi, è atteso un contributo positivo anche da Messico e Cina. Un altro settore ben impostato è il calzaturiero, atteso a una crescita delle esportazioni nell’ordine del 5%. In questo caso il mirino è puntato soprattutto su Asia e Gran Bretagna, ma si attende una crescita importante anche verso Israele e Nord America. L’euro debole sosterrà anche i macchinari agricoli, visti in progresso del 9%, soprattutto grazie alla spinta dei nuovi mercati, come Cina, Cile, Bulgaria e Ungheria. La pasta non costituisce una novità assoluta, ma vi sono ancora spazi per un piccolo progresso (+0,1%), mentre un’accelerazione più robusta è attesa sul fronte dell’olio d’oliva (+10%), con la Corea, il Brasile e il Belgio che costituiscono le prossime frontiere per lo sviluppo del made in Italy di settore.

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