di Claudia Cervini

Nel secondo giorno di aumento di capitale sono scattate le vendite sul titolo di Banca Carige . L’azione, dopo aver aperto in rosso (-4,8%) a 1,67 euro, ha chiuso con un ribasso importante (-5,01%) a 1,667 euro. Interessante anche la performance dei diritti, che hanno archiviato la seduta con una perdita del 2,17% a 3,16 euro. La caduta è molto meno evidente di quella di lunedì (-11%), segno che i diritti e le azioni (che invece lunedì erano salite dell’1,8%) si stanno via via allineando. Se l’avvio dell’aumento di capitale da 850 milioni di euro è stato da copione, gli occhi ora sono puntati sulle mosse degli azionisti francesi e liguri di Carige . Francesi perché la banca transalpina Bpce, che detiene il 5,1%, non si è ancora espressa sulla partecipazione all’aumento (benché alcuni diritti potrebbero già essere passati di mano); liguri perché, oltre alla famiglia Malacalza (titolare del 10,5%) e a Gabriele Volpi, imprenditore attivo nella logistica petrolifera (titolare del 5%), altri imprenditori del territorio sarebbero in manovra, tanto che potrebbe comporsi un azionariato «a satelliti» intorno al soggetto più forte (e liquido), ovvero Malacalaza. Tra questi c’è Aldo Spinelli, a capo di uno dei principali gruppi logistici italiani. In tempi non sospetti l’imprenditore aveva lanciato un appello agli industriali liguri nell’intento di supportare la banca nel suo momento di difficoltà. Spinelli, dunque, sembra si sia ora avvicinato al 2% in Carige , restando al di sotto della soglia che impone l’obbligo di comunicazione al mercato. A investire in Carige  lo avrebbe spinto anche la fiducia nel nuovo top management e probabilmente l’assetto azionario, ormai più stabile. Un altro nome importante dell’imprenditoria del Nordovest è quello del gruppo piemontese Gavio, che nel corso dell’ultimo aumento di capitale non aveva fatto mancare il suo apporto e ora sono in molti a scommettere su una possibile mossa a supporto della banca ligure. Sulle eventuali mosse dei Garrone (gruppo Erg ) resta invece un punto interrogativi, ma un apporto importante sembra improbabile. «Con Carige  per varie ragioni e per esigenze del nostro business non abbiamo mai lavorato molto», aveva detto Alessandro Garrone in un incontro a Vienna a alcuni mesi fa. «Se pensiamo a interventi che la famiglia può fare sul territorio, oggi siamo concentrati su attività di tipo più culturale e sociale. E, come attitudine della famiglia, quando facciamo investimenti, lo facciamo per avere un ruolo predominante».

Sarà importante capire infine per chi Ubs Group gestisce l’importante partecipazione del 4,4%, quota che potrebbe modificare gli equilibri dell’assetto azionario di Carige . Mentre la Fondazione Carige , titolari ormai solo del 2%, domani in occasione del board dovrebbe decidere come comportarsi in merito all’aumento di capitale dell’istituto di credito. (riproduzione riservata)