Cresce la consapevolezza e la cultura nella gestione dei rischi nel nostro Paese. Al punto che le azioni di risk management sono un fattore critico di successo e possono rappresentare un vantaggio nello scacchiere competitivo per quasi l’82% delle imprese italiane (era il 49,5% delle aziende nel 2013). E sono soprattutto le Medie imprese a fare un balzo in avanti nell’adozione di tecniche di gestione dei rischi, passando dal 50% della rilevazione precedente all’85% dell’analisi attuale, superando di misura anche le grandi imprese (82%).
È questo il risultato più eclatante dell’edizione 2015 dell’Osservatorio sul Risk Management nelle imprese italiane, realizzato da RISKGOVERNANCE in collaborazione con ANRA e CONFAPI INDUSTRIA e le cui salienze sono state presentate durante un convegno svoltosi presso il Politecnico di Milano dal titolo “Il risk management come leva competitiva per le imprese”.

Venendo ai dati, si osservano evoluzioni positive sia sotto il profilo della visione del rischio da parte delle aziende analizzate nel campione (712 imprese su tutto il su tutto il territorio nazionale e appartenenti a tutti i settori dell’economia, che sono stati raggruppati nelle quattro macro-aree ‘’Servizi’’, “Commercio’’, “Manifattura’’ e “Costruzione”), sia nel processo di organizzazione e gestione dei rischi, sia nella scelta degli strumenti di copertura assicurativa e ancora nella comunicazione e formazione a una cultura del rischio. Peraltro, l’Osservatorio nell’edizione 2015 ha affiancato all’analisi delle PMI svolto negli anni scorsi, anche lo studio dei comportamenti delle grandi aziende, proprio con l’obiettivo di cogliere le differenze riguardanti la tematica della gestione del rischio anche in relazione alla dimensione aziendale. Ne emerge un quadro di crescita di tutte le variabili.
L’ultima edizione dell’osservatorio presenta un netto miglioramento nel livello di maturità mostrato dalle imprese italiane nei confronti della gestione del rischio – afferma Marco Giorgino, Direttore di RiskGovernance e Ordinario di Finanza al Politecnico di Milano – e ciò avviene per tutte le classi dimensionali. Il risultato è confortante per chi, come RiskGovernance, ha investito per anni in attività che contribuissero alla diffusione di una buona cultura del rischio. In tal senso, assumono un ruolo importante anche le attività di monitoraggio attivo e costante nel tempo effettuate attraverso l’Osservatorio, insieme alle attività di formazione e divulgazione. La crescita economica – continua Giorgino – passa anche attraverso una maggiore resilienza del sistema delle imprese e una crescente capacità di assumere rischi e cogliere opportunità. In tal senso, è fondamentale portare il tema del rischio in modo sempre più diffuso all’interno delle aziende, dai tavoli del Board ai manager di linea”.

CONTESTO DI RIFERIMENTO ED EVOLUZIONE DEL PROFILO DI RISCHIO

I risultati dell’osservatorio mostrano che nel 2014 ci sono netti miglioramenti relativamente alla percezione che hanno l’imprese del mercato. Ben il 33% in meno rispetto al 2013 ritiene il mercato in cui opera in contrazione, mentre le aziende che vedono il mercato in crescita sono passate dall’11,2% del 2013 al 27,8% del 2014. Le imprese sembrano, quindi, confermare i primi segnali di una possibile ripresa del mercato. Forse anche per questo si registra che l’ampliamento del portafoglio prodotti – l’operazione maggiormente intrapresa dalle imprese negli ultimi 5 anni (riguarda il 60% del campione) – è in netta crescita rispetto al passato (si passa dal 37,9% del 2013 al 59,2% del 2014).
Esiste, invece, un trend decrescente riguardo l’entrata in nuovi mercati: la percentuale di aziende che opta per tale scelta è passata dal 57,4% del 2012 al 43,2% del 2014.

Al terzo posto delle operazioni più effettuate si conferma l’apertura di nuovi canali di vendita (42,9%). Nel 2014 si registra anche un aumento significativo dell’incidenza del cambiamento del top management (35,2% nel 2014 rispetto al 9,7% del 2013) e delle acquisizioni (31% del 2014 rispetto all’ 8,6% del 2013).
Analizzando il profilo di rischio delle imprese, si può vedere in figura come il profilo più diffuso tra le imprese italiane sia quello ‘’medio’’. Dal 2012 al 2014 si è passati da un 58,1% ad un 69,6% di aziende che adottano tale profilo, in favore di una lieve diminuzione delle altre due posizioni.

Un simile approccio può essere visto come un virtuoso trade-off tra la necessità di limitare il rischio assunto e il desiderio di migliorare i risultati economico-finanziari cogliendo le opportunità offerte dal mercato. Analizzando un arco temporale relativo agli ultimi 5 anni il profilo di rischio risulta comunque tendenzialmente in crescita, probabilmente come effetto del periodo di crisi economica. Un’importante e positiva evoluzione si registra nella visione che le imprese hanno del concetto di rischio. Rispetto al passato, appare in aumento la maturità culturale espressa dalle imprese.  Oggi ben l’81,9% del campione vede, infatti, il rischio come opportunità da gestire attivamente, contro il solo 49,5% del 2013.  

Risulta lecito chiedersi se tale balzo sia dovuto in tutto o in parte all’inclusione delle grandi imprese all’interno del campione analizzato. Scorporando le grandi imprese dal campione e focalizzandosi sulle piccole e medie, si ottiene un confronto diretto con i risultati degli Osservatori precedenti: la percentuale di PMI che nel 2014 adottano tecniche di gestione dei rischi, da confrontare con il 50% dell’anno precedente, si attesta all’85%, superando di misura addirittura le grandi imprese (82%). Il significativo miglioramento culturale emerso dai dati aggregati si conferma dunque reale e non distorto dal campione.

L’alta numerosità delle imprese che, nonostante la crescente esposizione al rischio negli ultimi anni, non vedono più il rischio solo come eventi negativi da evitare, ma ne colgono anche le opportunità associate, è un indice molto importante del progressivo miglioramento dell’approccio delle imprese al rischio – commenta Barbara Monda, Deputy Director di RiskGovernance al Politecnico di Milano. Eliminare completamente il rischio non è, infatti, né possibile né tantomeno auspicabile. ‘Rischio e rendimento’ sono un binomio inscindibile e così anche ‘rischio e opportunità’. Se le imprese vogliono cogliere opportunità di crescita, devono essere in grado di assumere e governare i rischi associati. Questa consapevolezza è il primo passo verso l’adozione di approcci avanzati, proattivi e integrati, alla gestione dei rischi e, in definitiva, di un sistema delle imprese più competitivo”.

ORGANIZZAZIONE E PROCESSO DI GESTIONE DEI RISCHI

Chi gestisce i rischi nelle imprese italiane? Quasi la metà delle grandi aziende hanno una figura interna dedicata a tempo pieno alla gestione del rischio (47% dei casi), mentre lo stesso accade solo nel 6% dei casi per le piccole imprese e nel 29% delle medie.
Nell’altra metà delle grandi aziende (53%) il rischio viene gestito da una figura interna che ricopre anche altri ruoli, scelta che risulta preponderante per le piccole (80%) e medie (64%) imprese.
Nei casi restanti, le piccole (14%) e medie (7%) imprese si affidano ad una figura esterna all’azienda, soluzione mai adottata dalle imprese di dimensione maggiore.
“Analizzando questa edizione dell’Osservatorio – commenta Alessandro De Felice, Presidente di ANRAsi rileva come la figura del risk manager stia assumendo un ruolo cruciale nel mondo delle imprese, indipendentemente dalla loro dimensione. Come è logico, nelle grandi aziende in poco meno della metà dei casi analizzati nel campione, troviamo una funzione interna dedicata a tempo pieno, ma colpisce che anche nell’80% delle piccole imprese vi sia una figura interna che si occupa anche di risk management, oltre a ricoprire altri ruoli. Questo vuol dire che sta aumentando in modo costante e virtuoso la consapevolezza che bisogna presidiare anche quest’area, affinando anche internamente competenze puntuali. Il rischio, infatti, è un evento reale, con cui confrontarsi in qualsiasi azione umana o imprenditoriale e, quindi, deve essere gestito come tale, considerando anche la componente di opportunità che è insita in esso”. 

Relativamente al processo di gestione dei rischi, per la fase di identificazione, a differenza degli anni precedenti, nel 2014 si è fatto ricorso maggiormente all’analisi dei processi (69% nel 2014 contro il 38% nel 2013) rispetto al metodo delle esperienze passate (diminuito dal 63% al 62% nell’ultimo anno). Tale inversione di tendenza può essere dovuta alla consapevolezza, in un periodo storico caratterizzato da elevata incertezza e volatilità, che i dati passati non sono sempre idonei per prevedere scenari futuri; ciò è ancor più vero se si pensa ai nuovi rischi per i quali i dati storici non sono neppure disponibili. L’analisi dei processi consente, invece, di ragionare su cosa potrebbe accadere in futuro dato il modo di funzionare dell’impresa, senza guardare al passato.
Solo le piccole imprese si affidano ancora più ai dati storici che all’analisi dei processi, probabilmente a causa di minori competenze oppure di una ridotta consapevolezza sui limiti dei metodi tradizionali.
Le grandi imprese sono quelle che affiancano a questi due metodi principali anche altre tecniche, tra cui si annoverano le ispezioni, le checklist e le interviste o focus group.

La successiva fase di valutazione dei rischi si ci concentra maggiormente sulla stima degli impatti economico- finanziari. Per definirli e per calcolare la probabilità di accadimento di un evento dannoso si effettuano nel 60% dei casi valutazione sia quantitative che qualitative precisamente nel 60% dei casi.
La valutazione quantitativa dei rischi ha subito un netto crollo, passando dal 40% di utilizzo del 2012 all’8% del 2014, ma aumentano le aziende che usano entrambi gli approcci, sia qualitativo che quantitativo (nel 2014 58%, rispetto al 47% del 2013 e il 36% del 2012)
In tal senso, sono più virtuose le imprese medie, che adottano il doppio approccio nel 75,6% dei casi, e le grandi, che li adottano nel 61,8% dei casi.

Per misurare l’esposizione al rischio, le piccole imprese utilizzano principalmente un indicatore abbastanza semplice, come il risultato della gestione ordinaria (64% dei casi). A tale misura si affidano meno di un terzo delle imprese medie e grandi. Le medie e grandi aziende puntano invece maggiormente su possibili variazioni del risultato operativo e su indicatori più specifici per il risk management quali Value at Risk (VaR), Economic Value Added (EVA), Risk Adjusted Return On Capital (RAROC) e altre misure risk-adjusted.

LA CULTURA DEL RISCHIO: COMUNICAZIONE E FORMAZIONE

La comunicazione sul rischio era rivolta solamente ai diretti interessati nel 78% dei casi sia nel 2012 che nel 2013. Tale percentuale si è abbassata nel 2014 a 44%, controbilanciato da un corrispondente aumento di una comunicazione “diffusa e semplice” all’interno dell’impresa (49% nel 2014 contro il 20% circa del 2012 e 2013), utilizzata per il 70% all’interno delle medie imprese.
Anche le modalità attraverso le quali avviene tale comunicazione lascia trasparire segnali di una crescente cultura e maturità del rischio da parte delle imprese italiane. I casi in cui la comunicazione di informazioni sul rischio societario avviene attraverso un documento scritto ad uso interno sono più che raddoppiati nell’ultimo anno e riguardano il 75% delle imprese (contro un terzo circa nel 2012 e 2013).

I casi in cui la comunicazione avviene solo verbalmente passano dal 73% del 2013 al 29% del 2014.

“CONFAPI INDUSTRIA da sempre promuove iniziative per sostenere la “cultura d’impresa” tra gli imprenditori. La conoscenza e l’applicazione della tecniche di gestione del rischio consentono di prevenire e fronteggiare in tempo utile situazioni complesse per le imprese. Soprattutto per le pmi, da noi rappresentate. Per competere ed avere successo sui mercati è fondamentale interpretare il rischio come opportunità da gestire attivamente, afferma Stefano Valvason, direttore generale CONFAPI INDUSTRIA. I dati che emergono dall’indagine 2015 evidenziano un aumento della maturità culturale sulla gestione del rischio espressa dalle pmi del campione in risposta all’incertezza generata dalla instabilità degli attuali contesti economici”.

La comunicazione interna, insieme alle iniziative seminariali e di formazione rivolte ai dipendenti, possono apportare un prezioso contributo alla diffusione di una buona cultura del rischio e pongono le basi all’introduzione, laddove non già presente, di approcci avanzati e integrati alla gestione dei rischi, quali l’Enterprise Risk Management, che consentirebbe di proseguire in questo graduale miglioramento della maturità delle aziende italiane in termini di risk management evidenziato nel raffronto dei risultati di questa terza edizione con quelli delle due precedenti edizioni dell’Osservatorio sul Risk Management in Italia di RiskGovernance.