La crescita delle gestioni ha sostenuto i conti delle banche italiane. Ora la sfida è traghettare i clienti verso prodotti più sofisticati e stabilizzare la raccolta in una fase di grande volatilità

di Roberta Castellarin

Il risparmio gestito è un volano per i conti delle banche italiane. Negli ultimi anni raccolta e crescita delle masse hanno permesso di generare commissioni ai principali istituti italiani, alle prese con una riduzione dei margini da interesse. In base ai dati Assogestioni, ad aprile l’industria ha registrato nuovi flussi per 15,8 miliardi, dato che porta il totale da inizio anno a 71,2 miliardi, oltre la metà di quanto raccolto in tutto il 2014 (133,7 miliardi).

Protagonisti indiscussi restano i fondi aperti con flussi per 11,6 miliardi, e 50 miliardi nei primi quattro mesi, a fronte dei 91,4 miliardi dell’intero 2014, che è stato il secondo miglior anno nella storia dei fondi aperti dopo il 1998, che fu archiviato con 167 miliardi di investimenti netti. E alcuni elementi che oggi stanno emergendo ricordano proprio il 1998. Oggi come allora i fondi vengono visti dagli investitori come un’alternativa ai titoli di Stato. E come allora l’offerta di fondi si sta ampliando in modo da coprire una più vasta platea di potenziali investitori.

Ma questi ultimi sembrano cambiati dopo l’ultima grande crisi. Se allora fiorivano sempre più fondi settoriali volti a cavalcare il rally dei titoli tecnologici, oggi prevalgono prodotti che sembrano nati per rassicurare i risparmiatori, che ancora fanno fatica a entrare in borsa nonostante il rally degli ultimi anni. È evidente il fiorire di strumenti multi-asset o flessibili, che puntano più a contenere la volatilità che a massimizzare le performance.

Come se la parola d’ordine ormai fosse: non rischiare. D’altronde per chi distribuisce i fondi è importante stabilizzare la raccolta in modo che prosegua il flusso di nuovi risparmi. Anche perché il contesto in cui operare si fa più complesso. Come ricorda il report settimanale di Anima, dove si sottolinea che da due mesi la volatilità è tornata a essere l’elemento preponderante sui mercati, soprattutto sui rendimenti dei titoli di Stato dei Paesi periferici di Eurolandia, e si prevede un’estate calda sui mercati finanziari e in particolare su quelli obbligazionari. «Di ciò è complice il successo del Qe della Bce, che in prima battuta ha supportato l’accelerazione delle borse europee e poi ha favorito il ritorno dell’inflazione nell’Eurozona, ma sta anche comportando un aggiustamento dei prezzi e quindi delle aspettative degli investitori», segnalano gli esperti. «A maggio i prezzi hanno registrato un rialzo dello 0,3%, superiore alle aspettative». I mercati stanno cioè cercando un nuovo equilibrio per adattarsi a questo scenario di aumento delle prospettive di inflazione. Di qui i recenti forti movimenti sul reddito fisso dell’Eurozona, con i tassi dei titoli governativi che stanno continuando a salire e le vendite sui titoli di Stato che faticano ad arrestarsi. In particolare, per effetto della ripresa dell’inflazione il rendimento del Bund e salito da zero all’1%, a livelli che non si vedevano da settembre 2014, con un effetto generalizzato sui rendimenti degli altri titoli governativi europei, di cui hanno risentito anche i Btp decennali che hanno superato il 2%. In più, l’avvio del Qe ha ridotto ulteriormente la già scarsa liquidità sui mercati obbligazionari, rendendo più difficile scambiare i bond e accentuando la correzione. «Draghi tra l’altro ha alzato le stime di inflazione per quest’anno indicando che i prezzi saliranno dello 0,3%, mantenendo invece stabili le previsioni per il 2016 (+1,5%) e per il 2017 (+1,8%)», si legge nella nota della società di gestione. «Nel breve termine, inoltre, al nervosismo sui mercati contribuisce il caso-Grecia». Il team di Animaritiene che un’eventuale uscita di Atene dall’euro spingerebbe al ribasso i mercati del Vecchio Continente solo nell’immediato e non nel lungo periodo.

Se quindi nella prima fase di recupero di masse del risparmio gestito banche e sgr hanno puntato molto sui fondi a scadenza, che di fatto assomigliano molto ai prodotti obbligazionari, ora l’offerta sta cambiando. Come ha ricordato anche Prometeia nell’ultima newsletter sul settore: «I fondi comuni target date hanno riavvicinato i risparmiatori italiani al mondo del gestito e hanno favorito un allungamento dell’orizzonte di investimento, ma è in atto un’evoluzione delle politiche di offerta per confrontarsi con il mutato contesto finanziario caratterizzato da uno scenario prolungato di bassi tassi di interesse e da minori opportunità sui mercati alla luce dei rialzi importanti dei principali indici azionari e obbligazionari nell’ultimo biennio prodotti dall’allentamento delle politiche monetarie». D’altronde per le banche è importante assicurarsi che l’industria continui a garantire il flusso di commissioni anche in caso di mercati meno brillanti. Nell’ultimo report di Credit Suisse dedicato alle banche italiane si sottolinea che la debolezza per l’industria del credito è stata mitigata dalla generazione di commissioni, cresciute del 7-15% nel primo trimestre. Uno dei fattori chiave è stata proprio la crescita degli asset in gestione, resa possibile dalla forte liquidità e dal momento positivo dei mercati, il che ha permesso alle banche di far convergere i clienti retail verso questi prodotti. Credit Suisse ricorda anche che in questa seconda fase di crescita le banche sono riuscite a far migrare i clienti verso prodotti più esposti ai mercati azionari. «In termini di commissioni un puro prodotto azionario mediamente carica fee per 200 punti base contro i 100 di un obbligazionario o i 50-60 di un monetario, quindi l’impatto di questa transizione amplifica l’effetto positivo della dinamica dei mercati». Certo, con l’aumento della volatilità dei mercati questo passaggio a prodotti con un profilo di rischio maggiore può rivelarsi più complesso, da qui la necessità di puntare su un doppio canale, ossia l’offerta di fondi poco correlati ai mercati (che quindi replicano il modello degli hedge fund ma in versione retail) e di piani di accumulo (investimento a rate che permette di mediare i prezzi delle quote del fondo). Un esempio è il prodotto che si appresta a lanciare a fine mese Amundi, ossia Amundi Accumulazione Attiva Low Carbon, o il fondo appena lanciato da Goldman Sachs Asset Management, ossia il Goldman Sachs Global Equity Long Short Portfolio. «Nell’attuale scenario gli investitori chiedono protezione dai rischi di ribasso, alla ricerca di soluzioni alternative ai tradizionali investimenti azionari, con una minore correlazione ai movimenti di mercato», ha dichiarato Loredana La Pace, country head di Goldman Sachs Am per l’Italia. «Per la prima volta siamo in grado di portare alla clientela retail fuori dagli Usa l’esperienza e il track record sviluppati dal nostro team di gestione con gli investitori istituzionali». (riproduzione riservata)