di Mike Wilkins*

Se in passato le catastrofi naturali non sono state fattori rilevante per la valutazione del merito di credito delle imprese, il loro impatto potrebbe aumentare notevolmente in futuro, dal momento che questi eventi stanno diventando sempre più frequenti ed estremi, e la globalizzazione è destinata ad amplificarne gli effetti. La nostra analisi rileva che finora le società dotate di rating sono state in grado di mitigare tutti gli effetti negativi attraverso diversi strumenti, come la gestione della liquidità, le coperture assicurative, la gestione dei rischi catastrofali e le azioni post evento. Tuttavia, crediamo che queste misure siano destinate a diventare sempre meno efficaci in futuro, e ci aspettiamo che una migliore comunicazione da parte delle imprese sulla loro esposizione alle catastrofi naturali possa diventare sempre più rilevante ai fini della nostra analisi sui rating.

Anche se le calamità possono causare danni materiali e interrompere i processi produttivi e distributivi, raramente questi eventi sono alla base delle nostre azioni negative sui rating. Dal 2005 abbiamo identificato le catastrofi naturali – tempeste tropicali, inondazioni, siccità e terremoti – come il fattore principale o determinante per almeno 60 azioni negative (abbassamento del rating e revisioni delle prospettive), a fronte di circa 6.300 azioni analoghe avvenute nello stesso periodo. Inoltre in meno di cinque casi abbiamo rivisto le prospettive da positive a stabili a seguito di catastrofi naturali.

Nel complesso riteniamo adeguate le misure adottate dalle varie società volte a mitigare l’impatto delle catastrofi naturali sul rating. Tuttavia, sebbene il numero di interventi in senso negativo sul rating sia troppo piccolo per trarre conclusioni statisticamente significative, la nostra analisi dà alcune indicazioni su come e quando le catastrofi naturali possono incidere sul merito di credito delle aziende. Anzitutto, se non esiste settore che possa dirsi immune dagli eventi climatici, il settore energetico e quello dei beni di consumo sembrano quelli più esposti. Insieme rappresentano più della metà del campione interessato dagli interventi negativi, una percentuale doppia rispetto al peso dei due settori sull’universo complessivo di aziende da noi esaminate.

In circa il 70% dei casi di declassamento, le catastrofi naturali hanno portato a un abbassamento di un notch o a un outlook negativo, con successiva conferma del rating; nel campione residuo, le catastrofi naturali hanno contribuito a un downgrade di più notch, e a un default in circa il 10% dei casi. Nel complesso le società con merito di credito speculativo in cui ciò si è verificato sono quasi il doppio rispetto a quelle investment-grade, perché le prime sono più esposte a un rischio di declassamento.

 

Gli effetti dei cambiamenti climatici potranno aumentare in futuro la gravità e la frequenza delle catastrofi naturali, mentre la crescita dell’esposizione di molti gruppi a zone ad alto rischio di eventi estremi (insieme a una maggiore integrazione dell’economia mondiale attraverso complesse catene distributive globali) potrà aggravare gli effetti di questi ultimi sui bilanci delle aziende. Questo perché, in un mondo sempre più interconnesso, una catastrofe naturale locale che colpisce un anello dell’economia globale rischia di avere un impatto di lunga durata a livello mondiale.

Come confermato dai risultati scientifici, temperature più elevate porteranno a maggiori ondate di calore e siccità, e poiché l’aria più calda può contenere più umidità, la probabilità di precipitazioni estreme e inondazioni è destinata ad aumentare. Inoltre, l’innalzamento del livello del mare, causato dal riscaldamento globale potrebbe aggravare l’impatto delle inondazioni costiere durante le tempeste e le alte maree.

Se questi eventi estremi dovessero verificarsi, le coperture assicurative contro le catastrofi e le misure di risk management potrebbero diventare meno efficaci. Il terremoto giapponese del 2011 (alla base del disastro di Fukushima) ha fornito una prova di ciò che potrebbe accadere quando la catastrofe supera i livelli previsti e le misure di protezione si sono dimostrate inadeguate. Riteniamo pertanto che le aziende dovranno migliorare la qualità della comunicazione sulla loro esposizione a questo tipo di eventi. Questo permetterà a investitori e analisti di valutare l’impatto materiale delle catastrofi naturali sui loro conti. A questo proposito il progetto «1-in-100 Initiative», sviluppato nel settore assicurativo, dovrebbe fornire un quadro più chiaro sulla sensibilità delle imprese a questi eventi. Nel quadro di questo progetto, alle società partecipanti è richiesto di rendere pubblici i dati relativi all’ammontare massimo della perdita finanziaria annuale che possono aspettarsi una volta ogni cento anni (cioè, che ha l’1% di possibilità di verificarsi entro i successivi 12 mesi). (riproduzione riservata)

*responsabile ricerca sui rischi ambientali, Standard & Poor’s