di Gloria Grigolon 

Professionisti nella veste di consulenti indipendenti e maggiore trasparenza nei confronti del cliente e del mercato. La direttiva Mifid II approfondisce l’accezione di investimento indipendente, disciplinando le differenti condotte di remunerazione ricevute dal promotore, a cui andrà la commissione pagata dall’emittente per il prodotto collocato, e dal consulente, a cui spetterà la parcella pagata dal cliente per il servizio prestato. L’entrata in vigore nel giugno 2014 della direttiva finanziaria (che gli stati membri dovranno recepire entro il luglio 2016 ed applicare dal 2017), permetterà anche ai professionisti iscritti all’albo, siano essi avvocati, commercialisti o consulenti del lavoro, di inserirsi nello scenario della consulenza indipendente. Nello specifico, con la nozione di consulenza indipendente si intende la fornitura di un servizio a tutto tondo, che parte dalla valutazione della propensione al rischio del cliente e della disponibilità finanziaria di cui esso dispone. Con uno screening completo del risparmiatore ed un’analisi approfondita degli strumenti presenti sul mercato che ne rispecchino l’orientamento specifico, il consulente indipendente indica l’operatività che più si confà al cliente, percependo in retribuzione una parcella. L’accezione di indipendenza fa sì, infatti, che il professionista non percepisca alcuna commissione sul prodotto venduto, ma limita la sua retribuzione al compenso datogli per la prestazione svolta. Cade dunque il concetto di offsetting, vale a dire il passaggio che fa sì che la commissione/incentivo pagata dall’emittente vada a compensare la parcella del cliente, sollevando quest’ultimo dall’onere del saldo. Nella direttiva viene inoltre previsto che il consulente possa ricevere al massimo benefici non monetari di entità irrisoria (quali pubblicazioni o partecipazione a incontri) ammesso che tali attività non siano volte a limitare l’indipendenza del consulente. Il compito del consulente indipendente non riguarda l’acquisto diretto di un portafoglio di attività per conto del cliente, ma la formulazione di un paniere di investimenti che risponda alle esigenze di questi.

La direttiva Mifid II rinnova la Market in Financial instruments directive del 2007, primo regolamento effettivo della consulenza finanziaria in Italia, che, partendo dagli articoli 18-bis e ter del Tuf che hanno introdotto l’albo di categoria, ha istituzionalizzato la categoria dei consulenti indipendenti. La Mifid II ha come scopo non solo il permettere un’analisi più approfondita degli strumenti sul mercato da associare alla necessità specifica dell’assistito, ma il far sì che la consulenza avvenga in maniera trasparente e senza recare pregiudizio o vantaggio al cliente e all’intermediario che si frappone nell’iter del prodotto. La scelta che il professionista fa per conto dell’investitore risulterebbe, quindi, immune da eventuali vizi e renderebbe più competitivo il mercato degli strumenti di investimento (i quali, vista l’indipendenza delle scelte, dovranno conquistare la fiducia di consulente ed investitore senza poter far leva su accordi ex ante). Dal lato opposto, il cliente tenderà a rivolgersi ad un professionista non finanziario quando già è suo cliente per altro motivo (giuridico, tributario, di consulenza), condizione che limita l’asimmetria informativa e pone in gioco il fattore fiducia. L’introduzione di Mifid II così formulata apre anche le porte al cambiamento bancario e dell’intermediazione finanziaria. Le banche italiane tendono infatti ad avere un rapporto diretto e dipendente dall’istituto cui fanno capo, motivo per cui, ogni anno, dagli sportelli bancari vengono incassati circa 23 miliardi di euro di risparmi per la vendita di prodotti diretti alla clientela (come detto da ItaliaOggi nel numero del 19 giugno 2015). Non è dunque da escludere la nascita di un nuovo settore separato di sola consulenza indipendente interno alle banche, ma svincolato dall’attività bancaria.