di Mauro Romano

Tra il tasto dolente della fiducia da mettere o no sulla riforma della scuola al Senato, la linea da tenere sulla mozione di sfiducia sul sottosegretario Udc Giuseppe Castiglione (bocciata ieri dalla Camera) e un pacchetto di decreti legge e decreti legislativi da votare, alla fine il Consiglio dei ministri di ieri ha deciso di limitare la discussione al solo provvedimento urgente di modifica delle procedure fallimentari.

Provvedimento nel quale, a sorpresa, è stata inserita anche la misura che prevede la possibilità per le banche di dedurre in un solo anno invece che in cinque le perdite registrate sui crediti. Tale intervento, secondo indiscrezioni, avrebbe un costo di circa 3 miliardi l’anno per il 2016 e il 2017, un po’ meno per l’anno in corso, ma il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha assicurato che non saranno necessari esborsi e che anzi potrebbe addirittura portare dei piccoli benefici al bilancio pubblico. In passato indiscrezioni riportavano la possibilità di finanziare i mancati introiti con un’anticipo Ires per gli istituti di credito, ma il ministro non si è sbilanciato in merito e per capire il meccanismo escogitato bisognerà aspettare di leggere il testo decreto.

Per quanto riguarda invece le norme per tagliare i tempi di recupero dei crediti, che nelle intenzioni del governo dovrebbero sveltire le procedure di almeno una paio d’anni portandole dagli attuali sette-otto a cinque al massimo, come anticipato da MF-Milano Finanza dello scorso 11 giugno, il provvedimento dovrebbe dare facoltà ai creditori e anche a soggetti terzi di proporre piani di ristrutturazione della società alternativi a quelli dell’imprenditore-debitore.

Ma anche introdurre, come in altri Paesi europei, gli accordi di ristrutturazione del debito a maggioranza. In pratica, per evitare le lungaggini che spesso derivano dall’opposizione di qualche istituto meno esposto, il decreto prevede che, nel caso non si raggiunga l’unanimità sull’ok al piano di ristrutturazione dei debiti, sia possibile vincolare comunque tutte le banche, se sull’accordo si esprime positivamente la maggioranza degli istituti coinvolti. Infine, sempre in tema di banche, Padoan ha assicurato che le discussioni con la Commissione Ue sulle garanzie sui crediti non performing vanno avanti, anche se le misure adottate con il decreto approvato ieri in Cdm saranno già in grado di dare un’importante spinta al mercato degli npl.

Un rinvio c’è stato invece sul decreto sulla banda ultralarga (si veda altro articolo in pagina). Renzi infatti teme che si possa creare un ingorgo di decreti in scadenza subito dopo Ferragosto, visto che i decreti legge vanno approvati entro 60 giorni, il che vuol dire che i testi che hanno avuto il via libera ieri dovranno essere convertiti dalle Camere entro il 23 agosto e ciò, considerando le vacanze, significa che il voto definitivo dovrebbe essere incardinato nei primi dieci di giorni di agosto. Insomma il rischio era quello di una maratona estiva sui dl.

A slittare, ma solo di qualche giorno, cioè fino al prossimo Consiglio de ministri in calendario per venerdì, sono stati anche i cinque decreti legislativi di applicazione della riforma fiscale, che riguardano stima e monitoraggio dell’evasione fiscale; revisione del sistema sanzionatorio; interpello e contenzioso; riscossione; riorganizzazione delle agenzie fiscali. Questi erano stati inseriti nell’ordine del giorno della riunione di ieri e sono poi stati rinviati, mentre nel pacchetto non c’era fin dall’inizio il sesto decreto, quello più delicato, riguardante la riforma del Catasto. Renzi in conferenza stampa ha spiegato che il rinvio sul catasto è stato dovuto dalla volontà di introdurre le novità insieme alla nuova local tax, per evitare sgradite sorprese ai contribuenti, mentre per gli altri decreti, rinviati di pochi giorni, il premier ha assicurato che sono necessarie solo piccole limature e che lo slittamento sarebbe dovuto alla volontà di evitare scivoloni come quello dello scorso dicembre sulla norma del 3%. (riproduzione riservata)