A ricapitalizzazione chiusa partirà il dialogo tra Malacalza e gli altri soci (non solo Volpi). Con Bpce scesa sotto al 2%, gli azionisti forti potrebbero voler più spazio in cda. L’ente chiude i conti col passato

di Claudia Cervini

Oggi Banca Carige termina la cura ricostituente da 850 milioni di euro cui è stata sottoposta per irrobustire il patrimonio dopo la pagella Bce su asset quality review e stress test. Il mercato è sereno circa l’esito della ricapitalizzazione che pare procedere a passo spedito e, comunque, sarà garantita integralmente da un consorzio di banche capeggiato da Mediobanca. «Se il primo periodo dell’aumento (partito l’8 giugno, ndr) ha risentito della diffidenza degli investitori retail, scottati dalla precedente ricapitalizzazione, nella seconda fase il mercato è stato rassicurato dall’interesse dei grandi soci a crescere nel capitale», commenta a MF-Milano Finanza un analista. «Gli azionisti hanno aspettato che i diritti scendessero per fare incetta».

Grande festa quindi? «Non è di per sé una buona notizia, tutto sta nell’identificare chi ha comprato».

L’aumento ha riservato anche qualche sorpresa, come l’ingresso diGenerali, che ora detiene il 5,122% di Carige. La partecipazione è detenuta tramite Generali Investments Sicav, in proprietà diretta ed «è riferita al capitale sociale di Banca Carigesenza tener conto dell’aumento di capitale in corso». La posizione è di puro asset management, ha spiegato nei giorni scorsi Generali. Secondo alcuni analisti contattati, l’aumento a forte sconto e la forte pressione sui diritti hanno richiamato l’attenzione di colossi come Generali, i quali hanno intravisto un’opportunità di trading.

Nulla di più. Al di là di queste prime considerazioni va ricordato che per i numeri ufficiali bisognerà attendere la serata di oggi, mentre la composizione precisa dell’azionariato non verrà svelata prima di domani (come da obblighi Consob). Intanto i soci si scaldano per dare forma alla nuova Carige. Da domani inizierà, presumibilmente, il valzer delle alleanze. Malacalza ha sempre detto di essere aperto al dialogo e sia le Coop, insieme alle fondazioni pattiste, sia gli altri azionisti come l’imprenditore Gabriele Volpi, hanno interesse ad aprire un canale di comunicazione. Ieri il presidente Cesare Castelbarco Albani ha affermato che il cda, in merito alla cessione di Banca Cesare Ponti, deciderà il 30 giugno. Su Creditis, per la quale è in corso una trattativa con Apollo Capital Management, invece, si deciderà più avanti. Castelbarco non ha aggiunto null’altro sulle strategie di Carige. Nelle prossime settimane potrebbe registrarsi qualche colpo di scena in merito al board. Il cda dell’istituto ligure scadrà infatti il prossimo aprile. E sebbene qualche nuovo ingresso si sia già verificato (tre consiglieri sono stati cooptati) un rimpasto non è da escludere. Soprattutto dopo che i francesi di Bpce, che contano attualmente quattro consiglieri (Jérôme Gaston Raymond Bonnet, Philippe Marie Michel Gaursuault e Philippe Wattecamps e Guido Pescione), sono scesi sotto al 2%. Questo, per ora, è un ragionamento. Bisognerà infatti capire quante quote saranno in possesso della banca francese a fine aumento e anche che cosa chiederanno i soci forti.

La Fondazione Carige che è rimasta nella governance della banca grazie a un patto parasociale stretto con Malacalza, si appresta invece a chiudere i conti coi fantasmi del passato. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza è in dirittura d’arrivo la due diligence circa la passata gestione dell’ente e, il dossier, verrà presto esaminato dal cda. I membri si stanno confrontando sulla convocazione del board che si terrà prima dell’estate e dirà la sua sulla passata gestione. Si fa quindi più concreta un’azione di responsabilità nel caso di irregolarità. Intanto ieri il titoloCarige ha vissuto un’altra giornata di passione chiudendo a 1,72 euro, in calo del 5,39%. L’azione era in buona compagnia visto che il Ftse Italia banche ha chiuso in terreno negativo (-0,79%) sulla scia dell’incubo Grecia. (riproduzione riservata)