Il premier britannico David Cameron tira dritto sulla strada del referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea per la fine del 2017. Anzi, a dire il vero vorrebbe anticiparlo al 2016. Sia come sia, il referendum è stato una delle promesse elettorali che hanno permesso a Cameron di arginare l’ascesa dell’estrema destra e non è pensabile possa essere accantonato.

Nel frattempo si allarga lo schieramento anti Brexit. Dopo gli industriali e i banchieri è ora la volta degli assicuratori far sentire la voce: una uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea sarebbe un disastro per i bilanci delle società e avrebbe ricadute nefaste sull’occupazione e il sistema fiscale.

In una nota la International Underwriting Association (IUA), associazione rappresentatrice delle società di assicurazione che operano a Londra non facenti parte dell’universo dei Lloyd’s, sostiene che in caso di Brexit sarà più difficile fare affari in Europa.

Oggi come oggi, una società può stabilire la propria sede a Londra, dove le agevolazioni del fisco sono notevoli, e operare tranquillamente nei mercati dell’Unione Europea, senza dover sottostare a particolari aggravi burocratici.

Uscire dall’UE vorrebbe dire perdere questo privilegio, e sottostare a costi altissimi.

Tutto ciò senza contare che le grandi compagnie multinazionali, americane e giapponesi, che negli ultimi anni hanno portato le loro sedi a Londra, potrebbero decidere di spostarsi altrove, venendo meno il benevolo trattamento fiscale. E parliamo di un settore che nel 2013 ha registrato un fatturato complessivo di68,7 miliardi di euro.