Per i regolatori gli istituti dovrebbero avere più capitale contro il pericolo di rialzo dei rendimenti e di svalutazione dei bond nel banking book. Ma le norme come al solito possono rivelarsi procicliche

di Francesco Ninfole  

Basilea prepara un’altra stretta sul capitale delle banche, che riguarda stavolta i rischi legati alla risalita dei tassi di interesse. Un tema oggi di rilievo, perché le politiche monetarie delle banche centrali (come la Bce e la Fed) hanno spinto i rendimenti dei titoli ai minimi. Secondo il Comitato di Basilea, l’organismo che definisce gli standard della regolamentazione internazionale, le banche maggiori dovrebbero avere più capitale per proteggere i bilanci dall’aumento dei tassi, che potrebbe causare perdite sui titoli detenuti dagli istituti (per esempio i bond sovrani). Le novità, in particolare, riguardano gli attivi collocati dalle banche nel banking book, che è il portafoglio per i titoli da detenere fino a scadenza, che come tale è valutato al costo storico (e non al fair value, come invece accade per il trading book).

Il Comitato guidato dal banchiere centrale svedese Stefan Ingves ha precisato che le ragioni della stretta sono due: innanzitutto, si vuole rendere le banche più sicure e meno esposte al possibile aumento dei tassi; in secondo luogo, l’obiettivo è evitare che gli istituti siano incentivati dalle attuali regole a spostare i titoli da un portafoglio all’altro a seconda della convenienza. Si tratta di motivazioni comprensibili, ma che possono sollevare perplessità per gli effetti di breve e medio termine. Come ha sottolineato in più occasioni anche Banca d’Italia, una richiesta di maggiori capitali alle banche può avere effetti prociclici e negativi per il credito e per l’economia. Potrebbe insomma trattarsi di regole adatte per il lungo periodo (quando la crisi sarà definitivamente alle spalle), ma controproducenti nel breve, in una fase di crescita vicina allo zero e prestiti ancora in contrazione (gli ultimi dati pubblicati ieri da Bankitalia hanno confermato il segno meno per i finanziamenti alle imprese).

La nuova disciplina sul rischio tassi è soltanto l’ultima di una serie di novità regolamentari, che vanno tutte nella direzione di una maggiore severità e incertezza sui requisiti di capitale (si veda Milano Finanza del 23 maggio per un riassunto dei principali interventi da parte di Basilea, Eba, Bce, Fsb, Ue, Iasb). A volte i provvedimenti si accavallano tra diverse autorità: per esempio, proprio in materia di rischio tassi, l’autorità bancaria europea Eba aveva già pubblicato il 22 maggio nuove linee guida per gli istituti. Ora il Comitato di Basilea ha fatto un passo in più, generando così potenziali conflitti e motivi di confusione. Anche in altri ambiti si è vista una sovrapposizione di legislatori europei e internazionali sulle stesse materie: basti pensare alle regole sulla capacità di assorbimento delle perdite, definite sia a livello Ue-Eba (attraverso il cosiddetto Mrel) che a livello Fsb (con il Tlac).

Tornando alle norme sul pericolo tassi, il Comitato di Basilea ha presentato due possibili approcci: il primo passa per una stretta sui requisiti di capitale minimi (il pilastro 1 di Basilea), mentre il secondo ipotizza una revisione degli strumenti a disposizione delle autorità nazionali (il pilastro 2 di Basilea, quello per esempio utilizzato nell’ambito delle procedure Srep della Bce). Secondo il Comitato dei regolatori, la prima opzione «favorirebbe la trasparenza e comparabilità» delle norme e «aumenterebbe la fiducia del mercato nell’adeguatezza del capitale», mentre la seconda potrebbe adeguarsi meglio alle specificità nazionali. In ogni caso i regolatori sono convinti della necessità della stretta, in un senso o nell’altro. Banche e operatori hanno tempo fino a settembre per presentare commenti, poi si arriverà a un documento finale, da introdurre in seguito nella legislazione europea e nazionale. I tempi non sono immediati, anche se i mercati scontano sempre in anticipo nuovi standard regolamentari (come è avvenuto per Basilea 3). Se alle banche fosse richiesto più capitale per il potenziale rialzo dei tassi (come è stato fatto con gli stress test Bce, che hanno ipotizzato un rendimento del Btp decennale al 6%), gli effetti potrebbero farsi sentire in Europa, dove i tassi dei titoli sono bassissimi (in certi casi persino negativi) per effetto del Quantitative easing. Per valutare gli impatti con più precisione sarà necessario attendere le decisioni finali. La direzione della regolamentazione sembra però proseguire nella strada tracciata negli ultimi anni. (riproduzione riservata)