Il valore nozionale è sceso del 16%, anche se è in crescita quello di mercato. Nel Paese solo l’1% dei contratti globali. Nei maggiori istituti pesano per il 6,6% dell’attivo contro il 17,3% della media Ue

di Francesco Ninfole

Le banche italiane hanno ridotto in misura significativa l’esposizione nominale sui derivati Otc nel secondo semestre del 2014, anche se è ancora in crescita il valore di mercato. Lo rileva l’indagine della Banca d’Italia relativa ai sei maggiori istituti nazionali (Unicredit , Intesa , Mps , Banco Popolare , Ubi Banca  eMediobanca ), cui fa capo il 90% dei derivati nazionali Otc (over-the-counter, cioè scambiati fuori da mercati regolamentati).

Il valore nozionale di contratti, ovvero il totale degli importi rispetto ai quali sono definiti entrate e uscite tra controparti, è sceso del 16% per quanto riguarda i derivati finanziari (diminuiti da 8.156 a 6.890 miliardi di dollari) e del 17% per quelli creditizi (da 426 a 355 miliardi). I derivati finanziari sono quelli che coprono da rischi di mercato: si tratta soprattutto di strumenti che hanno come sottostante tassi di interesse (l’84% del totale, con nozionale per 6.900 miliardi), ma anche tassi di cambio, azioni e indici azionari e merci. I derivati creditizi sono invece i credit default swap (cds), contratti bilaterali in cui il soggetto che intende acquisire copertura dal rischio di credito (protection buyer) relativo a una attività finanziaria sottostante (reference obligation) paga un premio al venditore di protezione (protection seller), che a sua volta si impegna a un pagamento finale in caso di inadempienza da parte del soggetto cui fa capo la reference obligation.

Il valore nozionale complessivo dà un’idea delle dimensioni del mercato dei derivati, mentre il valore di mercato lordo rappresenta il rischio di controparte, poiché certifica il costo dei contratti se fossero stati chiusi nel giorno della rilevazione. Si tratta quindi di una fotografia in un dato momento, con guadagni e perdite ipotetiche. Il campione italiano ha fatto registrare a fine 2014 un valore lordo di mercato negativo di poco superiore a quello positivo (rispettivamente 190,2 e 189,6 miliardi di dollari). Sono cifre superiori di circa 10 miliardi rispetto a quelle relative a giugno 2014. Nella gran parte dei casi le controparti delle banche sono altre istituzioni finanziarie.

Il calo dei derivati è stato maggiore in Italia che negli altri Paesi censiti dalla Bri. Bankitalia ha osservato che i derivati delle banche del Paese rappresentano «una quota assai modesta», pari all’1%, del campione globale. Secondo i dati R&S Mediobanca , Intesa  e Unicredit  avevano a fine 2013 un valore di mercato dei derivati per il 6,6% dell’attivo contro una media delle maggiori banche Ue del 17,3% (27% per i due big tedeschi). In tutta Europa comunque le esposizioni sui derivati sono in forte calo, come conseguenza della crisi: tra il 2011 e il 2013 il loro peso è diminuito dal 56 al 22% del pil dell’area. (riproduzione riservata)