Pagina a cura di Francesca Vercesi  

Il divario ricchi poveri è sempre più abissale. Secondo l’ultima indagine del colosso della consulenza globale Boston Consulting Group sui dati del 2013, la ricchezza finanziaria privata è cresciuta del 14,6%, a 152 mila miliardi di dollari. Pur nell’attuale contesto recessivo, in altre parole, la quota dei milionari aumenta a ritmi forti tanto che le famiglie con patrimonio superiore a 1 milione di dollari sono cresciute da 13,7 a 16,3 milioni. A livello geografico, la crescita si rivela più marcata nei paesi asiatici in zona Pacifico anche se gli Stati Uniti continuano a svettare nella classifica. E per il futuro le previsioni del gruppo sono rosse: si parla di una ricchezza globale che salirà almeno del 5% nei prossimi 5 anni, fino a 200mila miliardi di dollari. E l’Italia? Da noi, mentre metà delle famiglie vive con meno di 2 mila euro al mese (scorrendo uno studio della Banca d’Italia, ndr), la ricchezza è sempre più concentrata. Secondo l’indagine, il 10% delle famiglie più ricche possiede il 46,6% della ricchezza netta totale. La quota di famiglie con ricchezza negativa è invece aumentata al 4,1 dal 2,8%. Sta di fatto che l’industria che gestisce i beni dei paperoni italiani, ovvero la ricchezza finanziaria detenuta da famiglie con più di 500 mila euro, è in ottima salute, nonostante l’andamento dei tassi e la mancata creazione di nuova ricchezza. Secondo uno studio targato Aipb, associazione degli operatori del private banking, un network che riunisce i più importanti player italiani del settore, il patrimonio gestito dalle strutture dedicate ai clienti private ha raggiunto i 467 miliardi di euro a dicembre 2013, il 7,9% in più rispetto al 2012, quando i miliardi erano 438, il miglior risultato degli ultimi quattro anni. Il tasso di penetrazione sul mercato potenziale, tuttavia, è rimasto sostanzialmente stabile, pari al 49,9% della ricchezza finanziaria complessiva detenuta dalle famiglie, appunto, con più di 500 mila euro. Era il 48,7% a dicembre del 2012. Sempre nel 2013, a livello di masse complessive, il mercato potenziale è cresciuto a 936 miliari contro i 900 di fine 2012: il che significa che solo metà dell’intera ricchezza è detenuta dalle strutture di pb, la restante parte è ancora tutta da aggredire. La tendenza, comunque, è di crescita. E a un ritmo molto sostenuto.

Basti guardare agli ultimi cinque anni: nel 2009, infatti, la ricchezza finanziaria potenziale era pari a 859 miliardi, mentre quella gestita dal mondo private era pari a 399 miliardi (il 46,5% del totale del mondo private). La variazione degli beni è descrivibile attraverso due fenomeni: la raccolta netta, differenza tra il valore dei flussi in entrata e dei flussi in uscita, che misura la capacità degli operatori di mantenere le masse in gestione e conquistarne nuove. E l’effetto mercato che descrive l’effetto della performance dei mercati, negativa o positiva, sugli asset in gestione. Ecco che secondo le stime dell’Aipb, l’aumento delle masse gestite è riconducibile per un 4,2% alla crescita della raccolta netta, la migliore degli ultimi tre anni: nel 2011 l’attività di raccolta incideva sulla crescita delle masse solo per lo 0,9% e nel 2012 solo per lo 0,7%. L’effetto mercato ha inciso, nel 2013, per il 3,7%, favorito dalle buone performance realizzate nel 2013 dai listini azionari e da alcuni segmenti del reddito fisso, in particolare alla periferia dell’Europa. Più in generale, nel corso dell’anno, le private bank hanno comunque recuperato marginalità, migliorato la produttività delle reti commerciali e l’efficienza del servizio, con una diminuzione del cost income. Dal 2009 a oggi, inoltre, a livello di tipologia di raccolta, i prodotti assicurativi sono cresciuti dal 6,7 al 9,3%. Lo stesso dicasi per la raccolta gestita passata in cinque anni dal 28,1 al 34,6%. Quanto al profilo del cliente private, la maggiore ricchezza (29,7%) è distribuita nella fascia di età che va dai 55 ai 64 anni mentre il 26,5% è sui paperoni tra i 45 e i 54 anni. Il 48% ha una laurea, l’88% è maschio. Le donne a molti zeri, in altre parole, sono solo il 12%. La regione più danarosa resta la Lombardia con un 3,4% di famiglie seguite dal private, seguita da Piemonte e Romagna (3,2%). Poi arrivano il Veneto (2,9%) e Trentino-Alto Adige (2,7%). Chiude la classifica la Sardegna con uno 0,9%. Per quanto riguarda i modelli di consulenza, su un totale campione di operatori private (per l’analisi sono stati presi in considerazione i 17 modelli di consulenza delle 14 banche aderenti alla survey), il 71% fa consulenza su portafoglio mentre il 29% la fa su prodotto.