di Roberta Castellarin e Paola Valentini 

Adesso è ufficiale. Il 18 giugno il Parlamento ha approvato il decreto Irpef che contiene, tra l’altro, le disposizioni che prevedono l’inasprimento della tassazione sulle rendite finanziarie dall’attuale 20 al 26% dal prossimo primo luglio, con l’eccezione dei titoli di Stato e dei buoni fruttiferi postali, la cui aliquota rimarrà il 12,5%, e dei fondi pensione che però subiscono un ritocco all’insù dall’11 all’11,5%.

Un cambiamento non di poco conto, che mette a dura prova intermediari e risparmiatori i quali come in occasione del precedente incremento quello varato a inizio 2012 dal governo Monti che aumentò l’aliquota dal 12,5 al 20%, devono decidere ora le mosse da fare sul fronte dell’affrancamento. «La gestione del cambiamento di aliquota», sostiene Olivia Zonca, responsabile dell’area fiscalità finanziaria di Bnp Paribas Securities Services, «è estremamente complessa e i back office delle banche stanno lavorando a pieno ritmo per rispettare la data del 1° luglio». Oltre ad adeguare le procedure, «occorre informare la clientela circa la possibilità di affrancare i capital gain maturati sugli strumenti finanziari detenuti su un certo conto titoli alla data del 30 giugno.

 
 

In questo caso il contribuente può scegliere di assicurarsi la tassazione al 20% pagando, senza vendere i titoli, un’imposta sostitutiva sulla plusvalenza latente ai valori di borsa del 30 giugno, con l’effetto che solo i proventi realizzati dopo tale data saranno tassati al 26%». Ma ogni caso va valutato singolarmente. «Occorre che ogni situazione sia attentamente vagliata con l’aiuto del proprio intermediario, perché le variabili da considerare sono tante», precisa Zonca, che cita a esempio il caso in cui sono presenti minusvalenze non ancora utilizzate sul proprio dossier titoli, che possono quindi essere spese per ridurre il valore della plusvalenza latente da tassare al 20%. «Questa informazione può essere chiesta alla propria banca», precisa Zonca. Ma per procedere all’affrancamento occorre avere il cash di scorta, perché la vendita di fatto non avviene. «Il cliente deve considerare che per essere effettiva, la procedura di affrancamento prevede la messa a disposizione dell’intermediario della provvista per versare le imposte sulle plusvalenze latenti», avverte Zonca. E sul fronte degli intermediari si mette in luce che «al problema dei tempi ristretti per adeguare le procedure si somma anche la difficoltà di gestire un regime transitorio complesso in assenza di chiarimenti ufficiali. La speranza è che l’Amministrazione intervenga quanto prima su questo fronte». (riproduzione riservata)