Si registra un boom di domande di pensionamento in Germania dopo che Berlino ha annunciato una riforma del settore. A partire dal 1° luglio, chi ha 45 anni di contributi potrà lasciare il lavoro all’età di 63 anni, che sarà progressivamente elevata a 65. Per questo quasi 12 mila tedeschi, secondo le stime dei sindacati, si sono fatti avanti per far valere i loro diritti. Il ministero del lavoro, tuttavia, ridimensiona i fatti, sostenendo che le cifre non sono particolarmente significative. Era già stato rilevato che ogni anno 200 mila persone godono dei requisiti per la pensione a 63 anni, 50 mila delle quali in base alle nuove regole. Finora, infatti, bisognava aver compiuto 67 anni.

La riforma, voluta dai socialdemocratici che partecipano alla grande coalizione, è stata tenacemente combattuta dalle forze conservatrici e dagli ambienti imprenditoriali, che temono una fuga in massa di manodopera dalle aziende. Il provvedimento costerà fra 1 e 3 miliardi di euro all’anno, ai quali bisognerà aggiungere altri 6 miliardi legati all’adeguamento delle pensioni delle madri di famiglia.

La Germania si sta muovendo controcorrente rispetto agli altri paesi europei, che stanno via via aumentando l’età pensionabile. Al punto che la confederazione sindacale Dgb vuole aprire una riflessione sull’abbandono flessibile (non per tutti) dell’attività lavorativa a 60 anni.

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