di Stefania Ballauco

è stata pubblicata lo scorso 12 giugno in Gazzetta Ufficiale Europea la Mifid2, revisione della Direttiva relativa ai mercati degli strumenti finanziari, recepita in Italia, nella sua prima versione, nel 2007. I passi successivi che attendono ora gli Stati membri saranno l’adozione di leggi, regolamenti e provvedimenti amministrativi necessari per l’adeguamento alla Direttiva entro il 3 luglio del 2016 e l’applicazione delle nuove disposizioni introdotte dal 3 gennaio 2017.

Cosa c’è di nuovo? In linea generale il nuovo quadro normativo mira a rendere i mercati finanziari più efficienti, flessibili e trasparenti. La Mifid2 rafforza la tutela degli investitori, introducendo ulteriori requisiti organizzativi e di comportamento per gli intermediari. Nel dettaglio, alcune novità riguardano la remunerazione e gli incentivi (inducements) del personale, con l’obiettivo di prevenire i possibili conflitti di interesse che potrebbero insorgere e di garantire un trattamento equo dei clienti. «L’impresa di investimento che fornisce servizi di investimento ai clienti evita di remunerare o valutare le prestazioni del proprio personale secondo modalità incompatibili con il suo dovere di agire nel migliore interesse dei clienti. In particolare, non adotta disposizioni in materia di remunerazione, target di vendita o d’altro tipo che potrebbero incentivare il personale a raccomandare ai clienti al dettaglio un particolare strumento finanziario, se l’impresa di investimento può offrire uno strumento differente, più adatto alle esigenze del cliente», si legge nell’articolo 24, comma 10, del testo di revisione della Mifid. Si prevede quindi che l’organo di gestione dell’intermediario definisca, approvi e sorvegli la remunerazione del personale coinvolto nella prestazione dei servizi e che l’intermediario adotti ogni misura adeguata per identificare e prevenire o gestire i conflitti di interesse.

Con la prima versione della Mifid, si definiva la prestazione di raccomandazioni personalizzate a un cliente su operazioni relative a strumenti finanziari attraverso due requisiti: uno soggettivo, che prevede la personalizzazione della raccomandazione, e uno oggettivo con riferimento a specifiche operazioni di investimento, esulando quindi dalla consulenza generica. In Italia il recepimento della Direttiva nel 2007 ha colto preparati i pf che già da tempo avevano impostato in questo modo lo svolgimento dell’attività di consulenza ai risparmiatori, tanto che, come anche evidenziato dallo studio commissionato da Anasf all’Università Bocconi, la figura del promotore finanziario aveva ispirato l’agente collegato Mifid. Con la revisione della Direttiva si assiste su questi aspetti a una conferma dell’importanza considerevole delle raccomandazioni personalizzate per i clienti e al contempo a una crescente presa di coscienza della maggiore complessità degli strumenti. Rispetto alla Mifid1 è stata mantenuta l’ampia definizione di consulenza in materia di investimenti e sono state rafforzate le norme deontologiche, passando da una logica di prodotto a una logica di servizio, introducendo anche il concetto di consulenza indipendente.

Su questo punto l’Associazione si era espressa in modo molto chiaro; la bozza della revisione della direttiva sosteneva che «quando l’impresa di investimento informa il cliente che la consulenza in materia di investimenti è messa a disposizione su base indipendente, l’impresa stessa non deve accettare o ricevere compensi, commissioni o prestazioni monetarie pagati o forniti da terzi e deve valutare un numero sufficientemente ampio di strumenti finanziari disponibili sul mercato. Questi ultimi devono essere diversificati in relazione alla loro tipologia, agli emittenti o ai fornitori di prodotti, e non dovrebbero limitarsi a strumenti finanziari emessi o forniti da soggetti che hanno stretti legami con l’impresa di investimento». Proprio su questo Anasf si era già espressa anche in fase di consultazione nel febbraio 2011, sottolineando come una più ampia base di strumenti a disposizione per gli investitori non rappresentasse sempre garanzia di qualità del servizio e come la definizione lasciasse intendere una consulenza dei pf di serie b. «L’elemento cardine della consulenza», ha più volte sottolineato il presidente Anasf Maurizio Bufi, «è infatti rispondere ai bisogni della clientela, attraverso raccomandazioni adeguate, a cui fa seguito un’attività di assistenza continua e di monitoraggio, in grado di soddisfare le reali esigenze del risparmiatore. Non è detto infatti che la caratteristica dell’indipendenza, così definita, renda la giusta assistenza al cliente solo in quanto tale. Dati alla mano, il servizio reso dai pf in quattro decenni di attività rappresenta il motivo di soddisfazione della clientela che si affida a noi; il modello dei promotori finanziari è risultato premiante, tanto che numerose ricerche, quantitative e qualitative, dicono che i nostri clienti sono soddisfatti della loro relazione di fiducia con la nostra categoria».

E di nuova consulenza c’è fame, stando ai margini di crescita che il canale della promozione finanziaria, detenendo soltanto quel 7% di ricchezza degli italiani in gestione, possiede.

Altre novità introdotte dalla revisione riguardano sia la progressiva estensione dell’ambito di applicazione della Mifid ai prodotti di investimento a base assicurativa sia l’introduzione della cosiddetta product governance, che prevede che, a monte, i prodotti finanziari siano concepiti per soddisfare le esigenze di uno specifico mercato di riferimento (target) di clienti finali e che, a valle, la strategia di distribuzione degli strumenti finanziari sia compatibile con il target di clienti individuato.

Cliente al centro, quindi, a cui offrire un servizio di consulenza ben regolato.