di Roberta Castellarin e Paola Valentini  

Il record di longevità appartiene oggi alla francese Jeanne Calment, che è arrivata a 122 anni fumando fino all’età di 117, bevendo vino e mangiando cioccolato, ma anche andando in bicicletta fino al compimento dei 100. Il segreto di longevità del suo quasi coeteaneo giapponese Misao Okawa, 116 anni, è molto più razionale e prevede una dieta a base di sushi, oltre che otto ore di sonno per notte.

Anche la peruviana Filomena Taipe Mendoza è arrivata a 116 anni non mangiando mai cibi conservati e nutrendosi solo di prodotti coltivati nel suo giardino.

I tre record da Guinness dei primati, riportati nell’ultimo report di Bofa Merrill Lunch sulla rivoluzione demografica, tra qualche decennio potrebbero diventare più comuni di quanto oggi si possa immaginare. In tutto il mondo infatti il processo di allungamento delle aspettative di vita sta accelerando grazie al miglioramento delle condizioni economiche e sanitarie. «La crescita più drammatica da questo punto di vista riguarda la fascia di età degli anziani più anziani», afferma l’analisi di Bofa Merrill Lynch. In particolare, gli over 80 rappresenteranno una fetta sempre maggiore della popolazione over-60: sono passati dal 7% del 1950 al 14% attuale fino, secondo le stime dell’Onu, al 19% nel 2050 e al 28% nel 2100, anno in cui si prevede che gli ultra ottantenni saranno 830 milioni, 7 volte di più rispetto a fine 2013. D’altra parte le nascite diminuiscono (i tassi di natalità a livello globale sono passati da 5 figli per donna nel 1950 agli attuali 2,5 e si prevede scenderanno tra 1,8 e 2,2 nel 2050). Uniti insieme, i due fenomeni renderanno la popolazione mondiale sempre più anziana. Tanto che l’Onu stima che il numero di centenari sta aumentando ancor più velocemente rispetto a quello degli ottantenni; oggi sono 441 mila e diventeranno 20 milioni nel 2100. In questo scenario l’Italia spicca, visto che è uno dei primi dieci Paesi al mondo con la maggior quota di anziani ultraottantenni; posizione che, secondo l’Onu, manterrà anche nei prossimi decenni.

Ciò pone molte sfide all’attuale sistema del welfare, la cui struttura è stata disegnata negli anni 50, quando le attuali tendenze demografiche si erano appena palesate. Il problema riguarda in particolare la non autosufficienza. Secondo l’Istat, nel 2011 gli over 65 in Italia erano 12,3 milioni, con oltre 6 milioni di over 75, mentre nel 2030 saranno il 33% della popolazione, con 3,5 milioni di non autosufficienti (contro gli attuali 2 milioni). Non stupisce scoprire dalla nuova ricerca dell’Osservatorio Sanità di UniSalute (la compagnia del gruppoUnipol specializzata in assistenza sanitaria) che il 61% degli italiani conosca personalmente casi di non autosufficienti che hanno bisogno di assistenza. Ma a chi si affiderebbero gli italiani per le cure alle persone non autosufficienti? Secondo l’analisi, il 16% si rivolgerebbe a una casa di cura e l’8% al Servizio Sanitario Nazionale, ma la maggior parte degli italiani crede che sia la famiglia la principale istituzione che deve prendersi carico dell’assistenza. Come? Tramite il coinvolgimento diretto di un familiare per il 44% oppure di una badante per un italiano su tre. Ma, vista l’attuale congiuntura economica, non tutte le famiglie sono o saranno in grado di sostenere le spese per gestire un familiare non autosufficiente. Ecco perché, «a fianco di quello pubblico, è indispensabile sviluppare il secondo pilastro della sanità, in grado di organizzare e gestire l’erogazione di prestazioni assistenziali sostenibili nel tempo», conclude Unisalute.

Il settore delle polizze sanitarie potrebbe trovare sinergie con il mondo della previdenza complementare, nata per risolvere un secondo problema legato all’anzianità della popolazione: la necessità di garantire un’integrazione all’assegno pensionistico pubblico, destinato a essere sempre più magro. L’offerta di prodotti di welfare completi (che accompagnino la vita del lavoratore coprendo i bisogni sia di sanità integrativa sia di eventuale perdita del lavoro sia di pensione di scorta) potrebbero essere una soluzione utile per aiutare i lavoratori a crearsi un salvagente per proteggersi i rischi che lo Stato potrà coprire sempre più parzialmente. (riproduzione riservata)