In tema di responsabilità indiretta di una S.I.M, in solido con quella del promotore, è necessario provare il nesso di occasionalità necessaria tra l’illecito e il rapporto delle parti, il quale tuttavia non sussiste qualora il fatto non dipenda dalle mansioni affidate dal preponente – intermediario e/o dallo sfruttamento, sia pure anomalo, del ruolo del promotore.

In punto di diritto si rammenta che la L. 2 gennaio 1991, n. 1, art. 5, comma 4 e il D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 31, comma 3 via via succedutisi nel tempo, pongono a carico dell’intermediario la responsabilità solidale per gli eventuali danni arrecati a terzi nello svolgimento delle incombenze affidate ai promotori finanziari anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale.

Detta responsabilità, la quale presuppone, pur sempre, che il fatto illecito del promotore sia legato da un nesso di occasionalità necessaria all’esercizio delle incombenze a lui facenti capo, trova la sua ragion d’essere, per un verso, nel fatto che l’agire del promotore è uno degli strumenti dei quali l’intermediario si avvale nell’organizzazione della propria impresa, traendone benefici ai quali è ragionevole far corrispondere i rischi, secondo l’antica regola per cui ubi commoda et eius incommoda; per altro verso, e in termini più specifici, nell’esigenza di offrire una adeguata garanzia ai destinatari delle offerte fuori sede loro rivolte dall’intermediario per il tramite del promotore, giacchè appunto per le caratteristiche di questo genere di offerte la buona fede dei clienti può più facilmente esserne sorpresa e aggirata.

La norma, sebbene non circoscriva la responsabilità del preponente alle negoziazioni che abbiano ad oggetto prodotti finanziari del medesimo, postula un nesso tra fatto illecito del preposto ed esercizio delle mansioni a lui affidate, che la giurisprudenza inquadra nell’ampio significato del rapporto di “occasionalità necessaria”, ponendo la previsione normativa in una relazione di continuità con l’art. 2049 cod. civ. e, nel contempo, cogliendone la portata di più efficace strumento di tutela degli interessi degli investitori.

La norma esclude, nella sostanza, che il comportamento doloso del preposto interrompa il nesso causale fra l’esercizio delle incombenze ed il danno, ancorchè tale comportamento costituisca reato e rivesta, quindi, particolare gravità.

Di conseguenza, perchè sussista la responsabilità del preponente, è necessario (e sufficiente) che le attività svolte dal preposto abbiano determinato semplicemente una situazione tale da rendere possibile o comunque avere agevolato il comportamento produttivo di danno, a nulla rilevando che tale comportamento abbia esorbitato il limite delle mansioni o incombenze affidate o addirittura abbia integrato un’ipotesi di reato. Anche in questi casi, dunque, occorre accertare se l’esistenza del rapporto di preposizione abbia istituito quel nesso di occasionalità necessaria fra l’esercizio delle incombenze e il verificarsi del danno, su cui si fonda la responsabilità indiretta della preponente intermediaria.

Cassazione civile  sez. III, sentenza del 4 marzo 2014 n. 5020