Maria Luisa Romiti

Internet è utilizzato dagli italiani soprattutto per cercare informazioni attraverso i motori di ricerca e le testate giornalistiche, ma piace anche condividere e scoprire nuovi contenuti, o addirittura crearli. Operazioni più complesse come l’acquisto o la vendita dei prodotti sono appannaggio dei ragazzi e degli adulti più giovani (età compresa tra i 18 e i 44 anni), chi ha più di 50 anni apprezza particolarmente la possibilità di farsi conoscere sui social media, mentre gli over 64 lo usano prevalentemente come fonte di informazioni. Questi sono solo alcuni dei dati emersi dalla ricerca effettuata da ixè per State of the Net, indagine dalla quale risulta anche che il 36% degli intervistati teme che qualcuno possa accedere ai propri dati personali presenti nello smartphone o nel computer, e il 20 per cento è terrorizzato dall’idea di poter essere spiato. Un ulteriore 33% è assolutamente indifferente e ritiene che non ci sia nulla di interessante tra i propri file. La paura che i dati vengano utilizzati cresce soprattutto tra chi è un utente abituale di Internet – il 41% è preoccupato da questa possibilità – mentre la situazione cambia tra coloro che non accedono al web con frequenza: la percentuale si abbassa al 27 per cento. Stesso discorso per quanto riguarda gli “indifferenti”, ovvero chi non si preoccupa e non è interessato alla questione: dal 30 per cento degli utenti abituali si sale al 36% nel caso di quelli sporadici. E proprio in concomitanza con la crescita dell’utilizzo di Internet negli ultimi dieci anni, si è verificata una riduzione della disponibilità a fornire i dati su preferenze e abitudini quando si guarda un programma televisivo via web o si utilizzano i social media. Nel 2004 quasi la metà degli utenti acconsentiva alla raccolta dei dati purché fosse effettuata da un istituto super partes (per esempio AGcom), mentre il 35% riteneva che non dovesse essere permessa. A distanza di dieci anni si è verificato quasi un raddoppio di questa fascia di utenti, che si attesta oggi al 59 per cento, mentre la fiducia nelle istituzioni si riduce nettamente e si ferma al 19 per cento. Paura di essere spiati e preoccupazione che i propri dati possano essere visti o utilizzati non diminuiscono certo l’interesse verso Internet. Alla domanda “su cosa succederebbe se mancasse la connettività per tre giorni e di cosa si sentirebbe la mancanza”, circa un 28 per cento ha indicato la ricerca di informazioni, segno che la rete è diventata la fonte primaria per questo tipo di attività. La possibilità di consultare la posta elettronica mancherebbe al 24,3% degli utenti e si prende quindi il secondo posto tra i servizi di cui si sente immediata nostalgia, a seguire la lettura di notizie (12,7 per cento), la comunicazione via Whatsapp o Skype e Facebook, che sono in quarta e quinta posizione, rispettivamente con il 10,8 e il 7,1 per cento delle preferenze. Con percentuali inferiori si sente la mancanza dei servizi come home banking e prenotazioni (4,3%), musica e video in streaming (3,1%), blog, chat e forum (2,9%), mentre altri social come Twitter e Instagram mancherebbero solo al 2 per cento degli internauti. Fanalino di coda l’e-commerce con lo 0,2 per cento. Tuttavia, un italiano su tre (32,3%) afferma di non avvertire alcuna mancanza. Si tratta soprattutto da casalinghe, pensionati ma anche impiegati, nella fascia di età tra i 45 e i 54 anni. Questi sono solo alcuni dei dati emersi dalla ricerca effettuata da ixè per State of the Net e in parte riportati nel grafico Riduzione della disponibilità a fornire i dati on line su preferenze e abitudini