Milano I l buon andamento dei mercati finanziari ha sostenuto le performance dei fondi pensioni nel 2013, garantendo risultati migliori rispetto al Tfr. Secondo l’ultima relazione della Covip, lo scorso anno i fondi pensione negoziali hanno reso in media il 5,4%, mentre quelli aperti si sono spinti fino all’8,1%. I Pip, prodotti di matrice assicurativi, sono invece arrivati al 12,2% di guadagno. In questo scenario, il Tfr (penalizzato anche dalla frenata dell’inflazione) sfigura con un modesto incremento dell’1,7%. Sarebbe, però, sbagliato scegliere lo strumento più adatto a quello che è per antonomasia un investimento di lungo termine solo in base alla performance dell’ultimo anno. Così, se il paragone viene esteso al periodo 2000-2013, lo scenario cambia profondamente: il rendimento cumulato dei fondi pensione negoziali è stato pari al 48,7% rispetto al 46,1% ottenuto dal trattamento di fine rapporto. Un sostanziale pareggio che si spiega con il crollo che ha caratterizzato i mercati azionari tra il 2008 e il 2010 (con una coda anche oltre per i listini europei), trascinando con sé anche una parte degli investimenti obbligazionari. Attualmente gli iscritti alla previdenza integrativa sono 8 milioni (per un patrimonio complessivo di 177 miliardi), all’incirca un quarto dei lavoratori italiani, più del doppio rispetto a quanto censito nel 2005 (3 milioni circa). Un numero comunque contenuto rispetto alle attese del legislatore, che non a caso ha previsto una serie di agevolazioni per chi sceglie questa opzione, dalla riduzione dell’aliquota di tassazione (dal 15% al 9% in base agli anni di permanenza nel fondo) all’esenzione dal bollo previsto per i depositi e gli investimenti. La crisi, poi, ha frenato le adesioni, tanto che la stessa Covip ha calcolato in 1,4 milioni gli iscritti alla previdenza complementare che hanno sospeso i pagamenti (200mila solo negli ultimi dodici mesi a far corso da marzo), soprattutto a causa del protrarsi delle difficoltà occupazionali. L’emorragia non ha riguardato tanto i fondi negoziali (circa 200mila iscritti che non hanno più versato le quote), ma soprattutto gli iscritti alle forme promosse da intermediari finanziari e assicurativi (un milione). Un trend difficile da invertire nel breve, a fronte di tassi di disoccupazione che non accennano a scendere, e dell’incertezza che comunque avvolge la congiuntura italiana. Intanto, dalla stessa autorità di vigilanza sui fondi pensione è arrivata di recente una novità normativa attesa da tempo. Le forme pensionistiche complementari potranno investire nei cosiddetti alternativi anche se non specificamente previsto nei mandati di gestione. Per i fondi pensione questo significa poter puntare su investimenti finanziari che via via si presentano più adatti in base alla specificità del momento. In quest’ambito rientrano anche gli investimenti nei fondi di private equity, in quelli immobiliari e nei fondi specializzati nei minibond. (l.d.o.) Nel 2013 i fondi pensione negoziali hanno reso in media il 5,4%, e quelli aperti si sono spinti fino all’8,1%