Paola Jadeluca

Roma F ondi di private equity, fondi immobiliari, fondi specializzati nelle energie rinnovabili, mini-bond e altri fondi di debito che sottoscrivono direttamente emissioni obbligazionarie delle aziende: i fondi pensione potranno dare ai propri gestori esterni indicazioni di investimento in strumenti cosiddetti alternativi anche se non specificamente previsti nei mandati di gestione. La Covip, authority del settore, ha “aperto” una porta, come dicono gli addetti al settore, all’esigenza manifestata da Assoprevidenza, che nel marzo scorso aveva presentato alla Commissione di Vigilanza una formale richiesta di parere. Lo scenario è infatti profondamente cambiato, a fronte di tassi sempre più bassi il reddito fisso non garantisce più rendimenti adeguati. E trovare nuovi asset capaci di bilanciare buoni rendimenti con rischi contenuti non è facile. Ma i fondi pensione, in primis, devo battere tutti i sentieri. «Per i fondi pensione significa poter cominciare a fare investimenti finanziari in grado di assicurare ai portafogli buoni rendimenti stabili nel tempo, anche attraverso flussi cedolari costanti; investimenti che nello stesso tempo rappresentano, come ho avuto più volte occasione di sottolineare, risorse utili alla crescita del paese», ha commentato Sergio Corbello, presidente dell’Associazione. Se gli investimenti alternativi sono già previsti nei mandati — ha precisato la Commissione rispondendo ad Assoprevidenza — il fondo pensione può chiedere al gestore di fare una valutazione di uno o più strumenti indicati dal fondo stesso e di fare l’investimento una volta che l’operazione sia stata giudicata positivamente. Se invece gli alternativi non sono compresi negli accordi con i gestori, il fondo può rivedere le linee di indirizzo della gestione e modificare di conseguenza il mandato di gestione. Se questo risultasse incompatibile, il fondo dovrà selezionare ex novo un gestore alternativo. Molte ancora le tecnicalità da chiarire, gli aspetti da testare e approfondire. Ma, al fondo di tutto, resta un quesito: questa apertura riuscirà a convogliare le risorse dei fondi pensione, verso l’economia reale? L’Unione europea, infatti, sta studiando una revisione e armonizzazione di tutto il settore, in particolare cercando di trovare un modello per utilizzare i fondi pensione quali strumenti di finanziamento. Una alternativa alle banche, sia per le piccole imprese che per le grandi infrastrutture. Un tema caldo. «La possibilità di investire in asset alternativi era già prevista dalla normativa che risale al 1996, ma questa possibilità non è stata sfruttata, come evidenzia la nostra relazione annuale nei fondi pensioni, in particolare quelli negoziali, questi asset alternativi sono sostanzialmente assenti, mentre predominano gli investimenti in titoli di Stato, e in modo più limitato in azioni», commenta Raffaele Capuano, direttore generale della Covip. Spiega Capuano: «Oggi, con il contesto normativo delineato sia a livello comunitario che nazionale è stato messo in piedi un framework, una struttura sulla quale orientarsi per costruire queste forme di investimento nuove, una piattaforma che consente di ampliare la gamma delle opportunità di investimento in modo significativo e innovativo. Un fondo pensione può affidarsi a un Oicr, organismi di investimento collettivo del risparmio per ampliare questa gamma di investimenti «. E’ stata innalzata, addirittura, in base a un nuovo decreto, dal 20 al 30% la quota di portafoglio dei fondi pensione che può essere convogliata in asset alternativi. C’è chi non vede di buon occhio che ci sia un tetto, che sarebbe contrario ai dettami europei. Il dibattito è acceso. Ma resta, ancora, un grande ostacolo. Questa grande apertura quale impatto potrà realmente avere sull’altro versante, quello del mondo produttivo, delle imprese che hanno bisogno di finanziamenti e possono solo rivolgersi alle banche. Quale fondo, quale gestore si permetterebbe di investire in aziende italiane non quotate? «Le imprese italiane quotate sono pochissime, non solo le piccole e medie. Come facciamo a convogliare direttamente nelle aziende i capitali?», interviene Angelo Deiana, presidente di Anpib, associazione italiana di private e investment banking. Spiega Deiana: «Anche tra i maggiori gruppi italiani ci sono semplici Spa, non quotate. Nessun fondo pensione, stando cosi la situazione attuale, potrebbe per assurdo investire in queste realtà. Un gestore professionista ovviamente, cerca di allocare le risorse secondo il principio del minimo rischio e del massimo rendimento. Una spinta in più per garantire l’allocazione di risorse anche in realtà non quotate, non solo farebbe da volano all’economia. Ma costituirebbe uno stimolo alla redazione di bilanci più trasparenti ».