di Lucio Sironi

Né Carige né Banca Generali nel futuro di Azimut.

Tirato in ballo sui due dossier aperti in questo momento sul fronte m&a del risparmio gestito italiano, forse per il fatto che nei suoi forzieri sono depositati tra 200 e 300 milioni di euro cash (dopo aver appena distribuito una cedola di 0,55 euro per azione), il gruppo milanese guidato da Pietro Giuliani sembrerebbe destinato a condurre una serrata campagna acquisti e il suo presidente e ceo Pietro Giuliani impegnato a percorrere l’Italia pronto a staccare assegni a destra e a manca per raccogliere pezzi di fondi, assicurazioni e sgr messe sul mercato da banche desiderose di fare cassa. Niente di più lontano dalla realtà. Se c’è un uomo nel mondo della finanza restio a farsi coinvolgere in operazioni di questo genere, questo è proprio Giuliani. Che per sé preferisce semmai ritagliarsi un’altra immagine: quella di una sorta di zio Paperone che non solo può tuffarsi in un deposito pieno di denaro messo a riserva, situazione rara di questi tempi soprattutto in Italia, ma in grado anche di macinare nuovi bigliettoni a raffica.
Un milione di raccolta all’ora: questo il calcolo che lo stesso ceo ha fatto suddividendo la massa di risparmio netta messa insieme tra gennaio e maggio, 1,36 miliardi di euro, suddivisa per 12 ore giornaliere di lavoro (quelle che Giuliani auspica per i suoi oltre 1.400 tra promotori finanziari, private banker e wealth manager), esclusi giusto il sabato e domenica.

Domanda. Niente shopping per Azimut, pur essendo tra i pochi che potrebbe permettersi di farlo?

Risposta. Non escludo niente, ma al momento non vedo grandi affari. Azimut non è interessata a partecipare all’asta per gli asset messi in vendita da Carige perché non è il tipo di situazione in cui vogliamo essere coinvolti. Siamo disposti a partnership di lungo periodo, a collaborazioni in cui possiamo mettere a disposizione uno dei nostri punti di forza quale è la capacità di gestire i patrimoni. Collaborazioni di questo tipo sono da tempo operative. Mentre come sappiamo l’operazione Carige nasce da altre finalità e persegue scopi diversi. Quanto a Banca Generali, non credo che sia un gruppo integrabile con Azimut in quanto si fonda su un modello di business molto differente, ha costi fissi elevati rispetto a una struttura leggera come la nostra, inoltre si tenga conto che parte della sua attuale redditività proviene dalle operazioni di carry trade sui titoli di Stato, ciò che peraltro vale per tutte le banche ma non per noi che banca non siamo.

D. A parte l’estero, dove da qualche anno Azimut sta avviando start up per presidiare in prospettiva mercati emergenti oppure costituendo società prodotto con tratti di innovazione da proporre alla clientela, quali sono i possibili percorsi di crescita in Italia?

R. Malgrado le difficoltà legate alla crisi, il mercato italiano continua a dare soddisfazioni, come stiamo vedendo. In cinque mesi abbiamo raggiunto l’85% di quanto raccolto nel 2012, un ritmo di marcia che ci avvicina al traguardo fissato in 28 miliardi di masse gestite alla fine del 2014 rispetto agli attuali 21,5. Ho indicato questo traguardo nel 2010, allora si trattava di raddoppiarle e direi che siamo a buon punto. Un segmento su cui intendiamo spingere nei prossimi mesi è quello rappresentato da banche e investitori istituzionali in cerca di un buon servizio di gestione, che noi riteniamo di poter offrire. In questo caso, partendo dal miliardo gestito attualmente, il target che ci poniamo è arrivare a 3 miliardi entro 30 mesi.

D. Una scelta vincente è stata puntare sulla fascia alta del mercato. Resterà l’unica in grado di crescere?

R. Finché non ci sarà vera ripresa direi di sì, quindi il nostro centro d’interesse non potrà che essere il segmento del private banking e del wealth management. In una fase in cui l’esposizione media dei nostri investitori sull’azionario è piuttosto bassa rispetto ai nostri standard, attorno al 35% del portafoglio a disposizione, gli sforzi sono diretti a cercare di elevarla. Certo il timore è che di fronte a una brusca inversione di tendenza non esistano oasi protette. Anche se nel mazzo dell’offerta abbiamo inserito anche strumenti che offrono una totale decorrelazione dai mercati. (riproduzione riservata)