Il rischio è di penalizzare gli iscritti ai fondi con la richiesta di contributi più elevati o con la riduzione delle prestazioni pensionistiche. È questa la possibile conseguenza dell’applicazione di un aspetto del nuovo regolamento del ministero dell’Economia entrato in vigore lo scorso 23 febbraio.

Lo schema, in applicazione di una direttiva comunitaria, ha introdotto nuovi principi da seguire per la determinazione dei mezzi patrimoniali delle forme previdenziali, in particolare di quelle che coprono direttamente i rischi biometrici, come l’invalidità o la premorienza, e i fondi a prestazione definita, quelli cioè che hanno già fissato l’entità dell’assegno pensionistico complementare. Il regolamento ha, tra l’altro, previsto che le forme previdenziali interessate siano obbligate a un monitoraggio periodico degli impegni verso gli iscritti, così da tenere costantemente sotto controllo la solvibilità della gestione, ovvero la congruità tra gli impegni presi e gli attivi patrimoniali posti a copertura. Il calcolo delle riserve va effettuato da un attuario iscritto all’Albo. Non solo: i fondi dovranno effettuare accantonamenti aggiuntivi, nella misura del 4% delle riserve tecniche. Le ragioni della scelta non sono difficili da comprendere: l’allungamento della speranza di vita degli iscritti e l’erosione dei rendimenti connessi alla crisi economica in atto, ha spinto probabilmente il regolatore a scegliere una strada di maggiore prudenza. Si tratta però di un obbligo che, come è emerso dal convegno organizzato a Roma da Assoprevidenza sulla solvibilità dei fondi pensione, potrebbe determinare un eccesso di riserve tecniche, nuocendo appunto prima di tutto agli interessi degli iscritti ai fondi e penalizzando i prodotti italiani rispetto al resto d’Europa. «Oggi il panorama dei fondi pensione interessati da questo potenziale aggravio di riserve è piuttosto limitato», spiega Sergio Corbello, presidente di Assoprevidenza. «Si tratta in particolare di fondi preesistenti, con soggettività giuridica, chiusi a nuove iscrizioni e di un limitato pacchetto di fondi che erogano internamente prestazioni legate per esempio all’invalidità. Mentre la gran parte dei fondi acquista dalle assicurazioni appositi pacchetti di coperture». Poi c’è da aggiungere che la gran parte dei fondi preesistenti è di derivazione bancaria, e in maggioranza gli istituti potrebbero fare da garanti della solvibilità, evitando al fondo di dover aumentare le riserve. Ma non per questo la novità derivante dal regolamento ministeriale è passata inosservata nel settore, anzi. Sebbene, come detto, al momento l’impatto della nuova normativa sia abbastanza circoscritto, tutti gli operatori della previdenza complementare la stanno seguendo da vicino, perché potrebbe essere cruciale per le evoluzioni future del settore. Per esempio potrebbe far cambiare idea ai fondi pensione negoziali, da tempo intenzionati a valutare l’ipotesi di erogazione diretta delle rendite. Operazione quest’ultima, che viene oggi affidata quasi sempre a compagnie di assicurazione che si assumo anche i rischi legati all’allungamento della vita media. Ma in futuro, in presenza di una crescente richiesta di rendite da parte degli iscritti, sempre più penalizzati dalle pensioni di base, potrebbe essere realizzata direttamente dai fondi previdenziali. Sempre che non ci siano aggravi eccessivi sugli accantonamenti di riserve richiesti al fondo. «Indubbiamente la predisposizione di un adeguato regime di solvibilità delle forme pensionistiche preesistenti rappresenta un presupposto ineludibile per la costituzione di un sistema previdenziale complementare efficace», conclude Corbello, «ma accanto a valutazioni formali occorre lasciare spazio a considerazioni sostanziali, nella consapevolezza che, allo stato, la solvibilità delle forme pensionistiche attualmente interessate dal regolamento è puntualmente monitorata dalla Covip, l’autorità di controllo del settore previdenziale di secondo pilastro. Per il futuro la normativa europea è in evoluzione e ritengo si potranno trovare soluzioni doverosamente prudenziali, ma di maggiore flessibilità». (riproduzione riservata)