di Giuliano Castagneto

Pacific Investment Management Company, il più grande gestore di fondi obbligazionari del mondo (2 mila miliardi di dollari in gestione), avverte gli investitori: farebbero bene a ridurre l’esposizione agli asset rischiosi, in quanto c’è il 60% di probabilità che il mondo torni in recessione entro i prossimi tre anni.

Saumil Parikh, esperto di asset allocation del gruppo di Newport Beach in California, fa notare che «le recessioni globali tendono a manifestarsi ogni sei anni. L’ultima è stata quattro anni fa. Ma non sono solo i corsi e ricorsi storici a preoccupare lo specialista della società di gestione americana. «La realtà è che l’economia mondiale si sta rapidamente avvicinando a un bivio. Fra non molto tempo cioè si capirà se gli enormi stimoli monetari delle banche centrali saranno stati in grado di rimettere il mondo su un sentiero di crescita stabile oppure se si produrranno nuovamente buchi nella domanda aggregata come quello visto negli Stati Uniti nel 2009 o quello in cui si trova parte dell’Eurozona nei mesi attuali». In Europa manca circa un anno al momento della verità. Ma anche la Cina fra circa 18 mesi sarà chiamata a una decisione cruciale, cioè se affidare le sorti dell’economia ancora all’export oppure aumentare il peso dei consumi interni. «Decisione non facile per Pechino, visto che maggiore libertà nei consumi e nella spesa presuppone anche una maggiore libertà politica», sottolinea Parikh. Nel frattempo per quanto riguarda il Giappone ci sono forti dubbi sulle possibilità di successo della politica economica di Abe e Kuroda. Al punto che per lo strategist di Pimco lo scenario più probabile è che la politica superespansiva dei nuovi vertici di Tokyo non avrà un impatto significativo sulla crescita. A livello globale una situazione di alto indebitamento e di progressiva riduzione dello stesso, come l’attuale, è una tipica avvisaglia di una recessione. Invece un basso livello del debito accompagnato dalla tendenza ad accrescerlo si accompagna di solito a periodi di espansione economica. Di conseguenza, avverte Parikh, nei prossimi anni saranno molto volatili sia i mercati che gli orientamenti delle banche centrali. Perciò gli investitori dovranno stare attenti a non esporsi troppo agli asset più rischiosi, come i titoli pubblici degli Stati periferici dell’Eurozona, nella loro caccia a rendimenti più alti. «Oggi i ritorni su questi asset sono sensibilmente inferiori alle medie storiche», conclude il gestore. Non a caso il numero uno del gruppo, Bill Gross, ha pensato bene di dare più peso agli strumenti a prova di bomba, sebbene meno redditizi, come T-bond e Bund tedeschi. (riproduzione riservata)